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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Poco dopo, mentre la festa procedeva per il meglio, Vincent gesticolava

nel pieno di una conversazione accesa.

Tentai di nascondere un sorriso ma non ci riuscii.

Rigel, accanto a lui, aveva le braccia incrociate sul petto, un bicchiere di

champagne in una mano e il mento leggermente abbassato, in ombra; sotto

le sopracciglia affilate, gli occhi erano puntati di lato, su Vincent,

visibilmente diffidente per tutta quella confidenza, e allo stesso tempo

abbastanza contenuto da non farglielo notare.

Vincent amava lo spazio, la cosmologia e la teoria quantistica, e

sembrava nutrire per Rigel una stima grandissima: nonostante i silenzi e le

stoccate guardinghe, nonostante Miki in confronto fosse un pezzo di pane,

Vincent sembrava sempre contento di vederlo.

E per quanto fossero diversi, Rigel si sforzava di essere… gentile, con

lui.

Civile, quantomeno.

In quel momento, mi accorsi che Anna lo stava osservando. C’era un

affetto, in quello sguardo un po’ triste, che Rigel non avrebbe mai potuto

ricambiare.

«Non… riesco a legarmi», mi aveva sussurrato una volta. Stavamo

facendo una passeggiata insieme dopo aver cenato con Anna e Norman, e

quell’ammissione spenta aveva infranto il silenzio. Avevo capito subito a

cosa si riferiva, perché il suo tono cambiava quando dava voce alla sua

anima.

Avevo sollevato lo sguardo, trovando il suo volto di lato, le mani nelle

tasche del giubbotto e i capelli che si confondevano nella notte. Guardarmi

negli occhi era sempre qualcosa di troppo diretto per lui, in quei momenti.

Non riusciva ad affezionarsi a loro.

Non riusciva ad affezionarsi a nessuno. Era questa la verità.

La sindrome di abbandono e il peso psicologico della malattia gli

avevano creato fin da piccolo una grave insicurezza emotiva.

E il suo rapporto con la tutrice… non aveva fatto altro che peggiorare le

cose. Da bambino Rigel avrebbe avuto un disperato bisogno di affetto, ma

ottenerlo da una donna così lo aveva spinto a rifiutare l’unica forma di

amore che avesse mai ricevuto. Margaret era un mostro, e lui lo sapeva.

Questo lo aveva portato a negarsi agli affetti, a crescere senza legami e a

respingerli. La solitudine, la frustrazione e la mancanza di punti di

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