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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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viso, agguantai il geco in un lampo e lo nascosi dietro la schiena.

«…Nessuno.»

Norman mi guardò perplesso e io sciolsi le spalle in una risatina un po’

rachitica. Sentii il movimento dentro i miei palmi, come di una piccola

anguilla, e irrigidii i polsi quando lo sentii mordicchiarmi un dito.

«Okay…» farfugliò lui, avvicinandosi, mentre gettavo freneticamente le

pupille da una parte all’altra per cercare scappatoie.

«Mi aspetta un bel lavoro… Ho una cliente che ha chiamato stamattina e

devo passare in magazzino a prendere… l’artiglieria pesante. Non so se

capisci che intendo… La signora Finch è impazzita, giura di avere un nido

di calabroni nel suo…»

«Oh, cielo!» esclamai tragica indicando alle sue spalle. «Che c’è lì?»

Norman si voltò, e io ne approfittai: chiusi il geco in una mano e poi lo

lanciai di carica fuori dalla finestra. Vorticò nell’aria come una trottola e poi

atterrò da qualche parte sull’erba soffice del giardino.

«C’è la lampada…» Norman tornò a voltarsi, e io gli sorrisi smagliante.

Mi guardò titubante e sperai che non si fosse accorto della mia stravaganza,

anche se la sua espressione diceva il contrario. Mi chiese se stessi bene e io

lo rassicurai, cercando di apparire a mio agio, finché lui non si decise a

lasciarmi di nuovo sola. Quando sentii la porta di casa richiudersi, espirai

un po’ sconfortata.

Sarei mai riuscita a fare una buona impressione? A farmi piacere,

nonostante il mio modo di essere un po’ bizzarro e fuori dal comune?

Guardai i cerotti sulle mie mani e sospirai. Mi ricordai dei miei incubi,

ma li rinchiusi in un angolo remoto prima che potessero rovinare tutto.

Mi lavai le mani e feci merenda con calma, assaporando ogni istante di

quel momento così normale, in una casa così normale. Mentre mi gustavo il

mio pasto, osservai in silenzio la piccola ciotolina nell’angolo della cucina.

Avevo sentito ancora raschiare fuori dalla porta in quei giorni, ma quando

lo avevo detto ad Anna lei aveva sventolato la mano.

«Oh, non devi preoccuparti,» aveva risposto, «è solo Klaus. Prima o poi

si deciderà a farsi vedere… è un tipetto solitario.»

Mi chiesi quando si sarebbe lasciato conoscere.

Dopo aver lavato i piatti e le posate, controllando che fosse tutto in

ordine come Anna lo aveva lasciato, salii in camera, dove passai il

pomeriggio a studiare.

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