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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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troppo affumicata, sperando col cuore che gli piacesse, e la ragazza si

congedò.

Mi unii agli altri e finimmo a parlare di università; ci confrontammo su

alcuni corsi, sui laboratori pomeridiani, e quando dopo diversi minuti

arrivarono le nostre ordinazioni Rigel non era ancora tornato.

Lo cercai con lo sguardo; non volevo essere troppo apprensiva, né

risultare pesante, ma per via della malattia temevo sempre che potesse avere

una crisi e sentirsi male. Anche se non potevo fare nulla, se non aiutarlo a

prendere le sue medicine, l’idea che potesse capitargli in qualsiasi momento

mi turbava.

Mi alzai con la scusa di tornare subito e andai a cercarlo; volevo soltanto

accertarmi che stesse bene, anche solo con uno sguardo dalla porta, ma non

ci fu bisogno di arrivare fino all’entrata. Con mia sorpresa lo trovai in piedi,

fermo, vicino al bancone, il cellulare ancora in mano e il volto girato verso

un… gruppetto di persone?

«Rigel?»

Gli presi la mano e lui si voltò di scatto, fissando le dita costellate da

cerotti che si intrecciavano alle sue. Si tranquillizzò quando vide che ero io,

ma persino dopo anni c’erano gesti spontanei a cui non era ancora abituato.

Vidi che era con tre ragazzi e una ragazza che non avevo mai visto prima.

«Ciao», salutai, sorpresa e confusa, poi sollevai lo sguardo su di lui e

cercai i suoi occhi. «Non ti vedevo più arrivare…»

«Colpa nostra. Ci siamo incontrati per caso», rispose amichevole uno di

loro, con le mani dentro le tasche del giubbotto.

Gli rivolsi uno sguardo incuriosito, ma notando comunque la mia

espressione smarrita la ragazza fece un sorrisetto stretto e con una punta di

soddisfazione enunciò: «Siamo nella stessa facoltà».

«Oh!» Sorrisi con immenso calore, e quella notizia mi smosse qualcosa

di tiepido nel petto. Era la prima volta che avevo l’occasione di incontrare

qualche suo compagno di università e ne fui estremamente felice. «Piacere

di conoscervi. Io sono Nica.»

«Sei… una sua amica?» Domandarono titubanti, e io capii che

l’atteggiamento solitario di Rigel, restio a qualunque tipo di confidenza,

fosse il motivo della loro incertezza.

«Sono la sua ragazza», risposi con tranquillità, suscitando appunto una

reazione stupita.

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