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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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che non era per un’improvvisa voglia di socializzare che si trovava lì in

quel momento.

Rigel fermò la porta con una mano. Inclinò il volto e mi osservò con

occhi profondi e vellutati.

«Non sei contenta che io sia qui?» modulò basso, risucchiando la mia

volontà dentro le sue iridi scure.

Lo guardai con la gola contratta, gli occhi lucenti e le guance che

scottavano un po’, perché in verità mi emozionava da morire che fosse

venuto, più di quanto immaginasse. Mi fissò gli occhi e le labbra, e il mio

cuore si sciolse con un sospiro.

«Ti comporterai bene?» gli chiesi con tono dolce.

Lui sollevò un sopracciglio con una punta di ilarità, ostentando quel fare

angelico che lo faceva sembrare il peggiore dei diavoli.

«Non lo faccio sempre?»

Lo guardai con eloquenza, ma durò poco, perché Rigel lasciò di nuovo la

porta e mi sospinse in avanti.

Un tepore piacevole mi investì la pelle del viso: dentro l’ambiente era

ancora più carino. Le lucine creavano un effetto quasi natalizio, rilassante e

piacevole, e notai un sacco di ragazzi giovani seduti ai tavoli e al bancone.

Intuii che fosse un locale rinomato tra gli universitari.

Trovammo gli altri in fondo, seduti sui divanetti attorno a un tavolo

circolare. Ci accomodammo, e Rigel tenne il giubbotto di pelle mentre io

tolsi il mio; lo appoggiai sul divanetto accanto a me e rimasi soltanto con il

top, lisciandomi il tessuto sul busto e guardandomi intorno con occhi

luminosi, rapita dall’ambiente. I capelli mi scivolarono sul collo e io li

portai dietro l’orecchio con gesto lento, incantata, accorgendomi soltanto in

quel momento che Will, dall’altra parte del tavolo, stava osservando di

sottecchi la mia figura avvolta dalla lucente stoffa in organza.

Distolse subito lo sguardo e lo puntò verso il bancone prima che io

annuissi con un sorriso alle mie compagne, concordando con loro sulla

particolarità del locale.

Rigel, al mio fianco, si appoggiò allo schienale e allungò un braccio

dietro di me. Mi sembrò di percepire il suo sguardo seguire la piccola fila di

bottoncini che mi arrivava fino alla base della schiena, ma continuai a

parlare con le ragazze, troppo presa da loro per accorgermi di altro.

Avevo una strana euforia addosso: Adeline che si fidanzava, l’università

che andava bene, la mia famiglia dolcissima e speciale… Quelle emozioni

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