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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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sensibile. Strinsi gli occhi e una scarica mi fece aggrappare ai bordi del

tavolo.

Il corpo cominciò a fremermi e lasciai che Rigel cancellasse tutto di me,

che si prendesse ogni cosa e mi riempisse di lui.

Non mi importava dei segni.

Non lo avrei fermato.

Avevo bisogno di questo.

Del suo tocco infuocato, dei suoi morsi, del suo amore nero.

Avevo bisogno di perdermi nella sua anima, perché era l’unico posto che

non mi avrebbe mai fatto paura. Le mie mani tremarono, i muscoli si tesero.

Rigel mi strappò via gli slip con decisione, e l’elastico affondò nella mia

pelle privandomi del respiro. Poi senza delicatezza mi afferrò per le

caviglie, trascinandomi lungo il tavolo fino a scontrarmi con il suo inguine.

Il suo corpo bruciava di tensione, di frenesia, del bisogno di assaggiarmi,

sbranarmi, farmi sua.

E io lo volevo per ciò che era, perché non desideravo che fosse null’altro

che se stesso.

Un bellissimo demonio. L’unico angelo che dimorava nel buio della mia

anima.

Respirai a fatica mentre il suo tocco possessivo mi incendiava la pelle.

Mi percorse le cosce con le dita e poi ci affondò i polpastrelli, per sentire la

mia carne vellutata modellarsi dentro le sue mani. Strinse fino a riempirsi i

palmi, fino a farmi male, e dalle labbra mi sfuggì un ansito sottile.

Quel suono gli fece aumentare la presa. Strinsi gli occhi e incurvai le

caviglie, e Rigel si piegò per avvolgere la mia intimità con le labbra roventi,

dandole un morso. Spalancai le palpebre e il fiato mi si spezzò in gola.

D’istinto mi contrassi ma lui mi ghermì le anche, bloccandomi in una

stretta ferrea e irremovibile. Cominciò a torturarla con i denti, baciando e

leccando, succhiandola in modo impietoso, e una tempesta implacabile mi

fece serrare gli occhi. Mugolai, le gambe si intorpidirono, il basso ventre

pulsò forte.

La sua lingua avida continuò a carezzarmi senza pietà e i denti

stimolarono nervi che mandarono scosse stravolgenti lungo la mia pelle.

Il mio respiro divenne erratico, tremai, le guance si incendiarono. Strinsi

i suoi capelli tra le dita, ma Rigel non si fermò, ruotò con la lingua attorno

alla punta sensibile e poi affondò dentro con più forza di prima. Mi morsi le

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