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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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parte, non adesso… Per me, per te, per Peter e tutti gli altri. Lei merita di

pagare per quello che ha fatto.»

Adeline mi fissò con il fiato corto e gli occhi pieni di lacrime, ma sul suo

volto vidi per la prima volta una determinazione ferrea. Aveva una paura

micidiale. Glielo leggevo negli occhi.

Nessuno di noi voleva rivederla.

Nessuno di noi avrebbe voluto incrociare di nuovo quel volto.

Ma tutti condividevamo le stesse cicatrici.

Lo stesso disperato desiderio.

Chiudere quell’incubo per sempre.

Guardai quella ragazza che reputavo un pezzo di me fin da quando

eravamo bambine, e in lei rividi noi due, piccole e piene di lividi, a

sostenerci nonostante tutto.

«Testimonierò.»

Strinsi le dita per non farmi vedere tremare. Nel suo sguardo si accese

una luce tremula ma potente.

«Ho solo bisogno che tu mi prometta una cosa», continuai. «Rigel non

deve sapere niente.»

Adeline rimase immobile. Nei suoi occhi colsi una sfumatura colpita e

confusa che mi fece distogliere lo sguardo. Non avevo bisogno di guardarla

per capire che anche lei riteneva la presenza di Rigel un sostegno che

invece mi avrebbe dato forza e coraggio.

«È per…»

«Non lo voglio lì», la interruppi, irremovibile come non mai. Serrai le

dita, e lo sguardo che alzai su di lei, per la prima volta in vita mia, non

ammetteva repliche. «Lui non deve venire.»

Il fatidico giorno, indossavo un paio di pantaloni scuri attillati e i capelli

lunghi mi sfioravano l’orlo del piccolo gilet grigio che mi stringeva la

camicetta di seta bianca. Avevo la sensazione che quel piccolo pezzo di

stoffa mi soffocasse, motivo per cui non smettevo di torturarlo con le dita.

Anna mi aveva chiesto se non preferissi indossare una sua giacca sopra la

camicetta, ma l’idea di qualcosa che mi stringeva i polsi bastò a mandarmi

lo stomaco sottosopra.

Fuori dall’aula del tribunale, il prestigioso pavimento di marmo

risuonava dei passi di uomini eleganti e donne in carriera. Era un ambiente

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