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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Gli sollevai il polso, aprendogli le dita setose. Poi gli lasciai scivolare

nella mano un oggetto piccolo e lucente, come lui aveva fatto con me.

Era il mio turno stavolta.

«D’accordo, ora puoi guardare.»

Rigel aprì gli occhi e li abbassò.

Nella sua mano c’era un piccolo lupo intagliato in un materiale brillante e

nero come ossidiana. Le numerose sfaccettature riflettevano la luce come

una pietra iridescente, rendendo la sua figura slanciata nell’atto di correre

qualcosa di selvaggio e prezioso. Era raffinato e particolare. Quando lo

avevo visto me ne ero letteralmente innamorata.

«È un portachiavi. Per la chiave del tuo appartamento», lo illuminai.

«Un… lupo?»

Non riuscii a capire se gli piacesse.

«È selvatico, solitario, e legato alla notte. È meraviglioso nella sua

misteriosa forza. Mi fa pensare a te.»

Rigel alzò gli occhi su di me e mi guardò. La mia sincerità mi bruciò le

guance e mi chiesi se non avessi esagerato con i miei modi di fare dolci e

ingenui, ma io volevo fargli capire che anche se lui si era sempre sentito

addosso quel ruolo controverso, io amavo il suo modo di essere più di ogni

altra cosa.

Con una punta di imbarazzo, aprii per l’ultima volta il sacchetto e tirai

fuori una cornice.

Raffigurava noi due, il giorno del diploma.

Io lo abbracciavo con un sorriso che mi faceva brillare gli occhi; lo avevo

colto di sorpresa, perché lui, invece che guardare l’obbiettivo, aveva gli

occhi abbassati su di me.

Amavo quella foto a tal punto che l’avevo incorniciata.

«Questa è la mia preferita», farfugliai con un rossore infantile. «Però non

sei obbligato a metterla, se non ti va. Pensavo che magari ti potesse piacere

avere qualcosa di familiare che…»

«Resta qui questa notte.»

Il suo corpo invase il mio spazio e il suo profumo mi inebriò. Mi fece

ombra e alzai gli occhi solo per trovarlo vicino, bollente e ammaliante da

morire.

«Resta qui…» sussurrò con tono basso. «Riempimi le lenzuola del tuo

odore. Lascia le tue cose in giro.» La sua voce si approfondì. «Metti il tuo

bagnoschiuma nella doccia. È lì che voglio trovarti quando mi sveglio…»

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