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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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finestre ai cuscini sul divano si intonava al parquet color caffè in modo

elegante ma deciso. Entrai cauta, esplorando l’ambiente con gli occhi.

L’aria profumava di fresco e di nuovo. Intravidi la porta della sua stanza,

in fondo a un piccolo corridoio, e i miei passi rintoccarono fino alla cucina,

il mio posto preferito della casa. Era un luogo di condivisione per me, di

chiacchiere, ospiti e calore. Ne osservai le tonalità candide che risaltavano

la luce naturale dell’appartamento; vidi un bancone spazioso e le rifiniture

in acciaio, come quelle del lavabo e dei fornelli, di un chiaro delicato e

splendente.

Era stupenda. Non sembrava affatto la casa di uno studente universitario.

Mi voltai verso Rigel con occhi luminosi, e solo in quel momento mi

accorsi che mi aveva osservato in silenzio per tutto il tempo. Anche se era

sicuro di sé, mordace e intimidatorio, in quel momento sembrava non

aspettare altro che il mio giudizio.

«È stupenda, Rigel. Non ho parole. Mi piace da morire», sorrisi estasiata,

e lui mi fissò con una strana emozione nello sguardo.

Le guance mi pizzicarono per la felicità e ripresi ad esplorare

l’appartamento, vivace e curiosa. Potevo già immaginarlo aggirarsi tra

quelle pareti, con un libro in una mano e una tazza di caffè nell’altra. Mi

avvicinai a un bel mobile sotto la finestra e aprii il sacchetto di cartone che

avevo con me; ci appoggiai sopra una piccola piantina dai fiori a grappoli

rossi.

Sapevo che Rigel non amava particolarmente le piante, infatti lui la fissò

con un sopracciglio aggrottato.

«Cosa sarebbe?» chiese con un velo di disappunto.

Abbozzai un sorriso, intuendo che la trovasse insolita e bruttina.

«Non ti piace?»

Dal modo scettico in cui la fissò capii che la risposta fosse no.

«Non ho tempo per prendermene cura», rispose eludendo la mia

domanda. «Morirà.»

«Non morirà,» gli assicurai con un sorriso, «fidati di me.» Mi avvicinai a

lui, osservandolo con vivacità. «Ora… chiudi gli occhi.»

Rigel inclinò il volto e mi fissò incuriosito, studiando attentamente ogni

mio movimento. Non si aspettava quella richiesta, e la sua indole diffidente

lo induceva a non prendere mai ordini da nessuno. Tuttavia, quando mi

fermai davanti a lui, si decise ad obbedire.

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