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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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incatenarmi ogni singolo nervo.

Sussultai quando spinse la bocca contro il mio orecchio, sussurrando in

maniera così sottile che sembrava reprimere l’impulso di mordermi.

«Pensi che non muoia dalla voglia di sentire il tuo profumo? O il sapore

della tua bocca? Pensi che… non mi addormenti ogni notte… immaginando

di averti», strinse possessivamente la presa sui miei fianchi, «tra le mie

mani?»

Respirai a malapena, e Rigel si incurvò verso di me.

«Sei crudele, falena.»

Il mio battito era accelerato, il cuore pompava scariche dentro le mie

terminazioni. Respirai piano, quasi di nascosto, come se potessi tradire il

modo in cui ero soggiogata dalla sua presenza.

«Falena?» mi ritrovai a mormorare. «Non credevo mi avresti chiamata

ancora così…»

Scorsi il suo volto con la coda dell’occhio. Rigel mi sfregò il naso sulla

guancia, e per poco non cessai di respirare quando le sue mani slittarono

lentamente sulla mia pancia, serrandomi contro di lui.

«Ma tu sei la mia falena», sussurrò con una dolcezza bollente. «La mia…

piccola falena.»

Vacillai, completamente frastornata da quel tono che non aveva mai

usato, e Rigel ne approfittò per domandarmi suadente: «Non vuoi sentire

quello che ho da dirti?»

Ogni briciola di me gli stava rispondendo sì, perché era quello che avevo

desiderato tutto il giorno. Rimasi immobile, in un silenzio carico di attesa, e

lui capì la mia risposta senza nemmeno bisogno che parlassi.

Lo sentii infilarsi la mano nella tasca del giubbotto. Percepii il fruscio

della stoffa, prima che tornasse a piegare il volto sul mio.

I suoi capelli morbidi mi sfiorarono la tempia quando, accostandosi di

nuovo al mio orecchio, mi sussurrò piano: «Buon compleanno, Nica».

Mi fece scivolare qualcosa di metallico e freddo attorno al collo.

Sbattei le palpebre, sorpresa, e abbassai il viso. Quando vidi di cosa si

trattava ogni pensiero ammutolì.

Era una collanina sottile, di un argento chiaro e lucente, con al centro un

ciondolino a forma di goccia. Il cristallo con cui era fatta era cesellato così

splendidamente che brillava come una stella bianca.

In quel momento capii.

Non era una goccia. Era una lacrima.

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