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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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I capelli neri catturavano la luce del sole, inconfondibili da fare male, e i

polsi candidi spiccavano nettamente contro il torace ampio.

Magnificamente alto, aveva una spalla appoggiata allo stipite e il petto forte

fasciato da un chiodo di pelle, che ne esaltava il fascino pericoloso.

La bellezza esplosiva che gli disegnava i lineamenti non era più quella

intrigante di un ragazzo, ma quella prepotente di un uomo. La mandibola

aveva perso ogni fanciullezza, e sotto le sopracciglia arcuate le iridi nere

creavano un contrasto maliardo che mozzava il respiro.

Rigel mi fissò a braccia incrociate, il volto inclinato e gli occhi affusolati

che sprigionavano un magnetismo velenoso.

Sentii una gioia bruciante stringermi la gola. Il cuore fibrillò di

eccitazione e il mio corpo si tese fin quasi in punta di piedi, ma quando mi

accorsi del modo incendiario con cui mi stava guardando tutto si arrestò

bruscamente.

Mi bloccai con un’espressione interdetta e all’istante capii che non solo

era lì, ma doveva aver sentito ogni parola.

«Rigel», deglutii, con gli occhi che nonostante tutto brillavano di

trepidazione. Provavo una felicità incontenibile, ma quello sguardo letale

non presagiva la corsa da favola che avevo sperato.

«Che succede?» chiese Will, senza riuscire a vedere.

Avevo la lingua come legata, così decisi di sollevare il cellulare per

permettergli di capire da sé. Inquadrai il ragazzo alle mie spalle, e il fascino

infernale spiccò anche in quella distanza. Cercai di sorridere mentre Will si

faceva di sale.

«Rigel, hai… hai conosciuto William?»

«Oh, non credo di avere ancora avuto il piacere», sibilò a viso basso,

schioccando la mandibola. La sua voce profonda fece tremare le pareti del

mio stomaco e anche gli occhi di Will dall’altra parte dello schermo.

Il problema di quando si arrabbiava così era che diventava, se possibile,

ancora più attraente. E decisamente troppo imprevedibile.

Rigel si staccò dalla porta con un movimento felino e venne verso di me.

Ogni passo era fluido e preciso, come quello di un predatore implacabile.

Averlo lì mi fece crepitare la pelle; anche se emanava emozioni tutt’altro

che positive, sotto le sue falcate percepivo il mondo incurvarsi fino a fargli

da cornice.

Rigel venne avanti con quell’aura che lo faceva sembrare un demonio

terribile, e Will impallidì quando vide che stavo continuando a inclinare lo

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