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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Per uno così io in punizione ci andrei tutti i giorni…»

Ridacchiarono un po’ troppo forte, e io sentii un fastidio alla bocca dello

stomaco.

Lo guardavano come se fosse un dio, si lasciavano ammaliare dal

principe delle favole ignorando che fosse il lupo. Il demonio, in fondo, non

era il più bello tra tutti gli angeli?

Perché nessuno sembrava vederlo?

«Sshh, così vi sente!»

Rigel sollevò gli occhi.

E loro ammutolirono.

Era pazzesco. Tutto in lui era perfetto, i lineamenti candidi e delicati, e

poi c’era quello sguardo. Ti bruciava l’anima, letteralmente. Quegli occhi

neri, penetranti e sagaci, creavano un contrasto sul suo viso che mozzava il

fiato.

Consapevole di non essere più solo, si alzò in piedi e venne verso di noi.

E io mi strinsi, abbassai lo sguardo e mormorai: «È tardi, dovremmo

andare in classe».

Ma Billie non mi sentì; inconsapevolmente mi teneva ancora per la

bretella dello zaino, e nemmeno le ragazze dietro di me si mossero per

farmi passare.

Rigel raggiunse la porta in tutta la sua avvenenza. Ciascuna ragazza

rimase immobile, soggiogata dall’atteggiamento misterioso che sprigionava

da quella bellezza così violenta. Sembravano stregate. Appoggiò la mano

sulla porta scorrevole per chiuderla, ma ecco che una sporse un braccio e

con audacia la tenne ferma.

«Sarebbe un vero peccato se lo facessi», disse in un sorriso. «Sei sempre

così bravo a suonare?»

Rigel fissò la mano che teneva aperta la porta come se fosse qualcosa di

insignificante.

«No», rispose con fredda ironia. «A volte suono sul serio…»

Fece un passo avanti con gli occhi puntati su di lei, e questa volta la

ragazza fu costretta a fare un passo indietro. Le rivolse una lunga occhiata

prima di superarla. Poi se ne andò.

Voltai il viso quando sguardi allusivi volarono nel gruppetto, rifiutando

quella trepidazione generale.

Dopo quella sera in corridoio avevo ricominciato a fare quello che avevo

sempre fatto al Grave: tenermi lontana da lui. La sua risata era indelebile

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