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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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E anche se all’inizio cambiare il mio cognome mi aveva spaventata, a

distanza di tempo ero convinta di aver fatto la scelta giusta. Non c’era nulla

di più bello che leggere il mio nome e vederci l’unione delle quattro

persone che mi avevano amata come figlia.

«È meglio che li faccia sparire prima di stasera, o non avremo dove

cenare», constatò Anna, leggera.

«Possiamo mangiare anche così, ad Adeline e Carl non dispiacerebbe…»

Ruotai il garofano e poi chiesi trepidante: «Credi che Carl le chiederà di

sposarla? So che forse è un po’ presto, ma lui ha ventotto anni… e ogni

volta che provo a chiederlo ad Adeline lei arrossisce furiosamente e

nasconde un sorriso tra le mani…»

«Quella ragazza non ce la racconta giusta», ridacchiò Anna passandosi il

gambo tra le dita.

Lo squillo di un cellulare mi giunse alle orecchie. Raddrizzai il collo,

voltandomi in un frullio di capelli.

È lui!

Farfugliai ad Anna che dovevo rispondere e mi fiondai fuori dalla sala.

Ero certa di dover salire in camera, ma la direzione da cui proveniva il

suono mi fece intuire invece di averlo dimenticato fuori. Fare merenda

all’aria aperta, con i piedi nudi al sole e il profumo dell’aria fresca, era

ormai diventata un’abitudine irrinunciabile.

Schizzai sul porticato, ma per poco non inciampai addosso a qualcuno.

«Oh, Nica attenta!»

«Scusa, Norman», enunciai, cercando di riportare indietro i capelli che

mi ingombravano il viso. Mi allungò il cellulare che avevo lasciato sul

tavolino di ferro battuto e io distesi il viso, raggiante.

«Grazie.»

Lui mi sorrise, poi allungò il collo e mi diede un bacino sulla guancia.

Era sempre stato un po’ impacciato, ma era uno degli aspetti che più mi

piaceva della sua dolcezza.

«Ancora auguri», mi disse, con il cappellino da lavoro sulla testa. «Ci

vediamo stasera?»

«Certo», portai le braccia dietro la schiena e dondolai, contenta,

muovendo le dita dei piedi. «Ti aspettiamo presto. E… per favore, abbi

pietà di quei poveri topi…»

«Niente topi, è un altro nido di calabroni…»

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