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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Mi accorsi del mio stato e rassettai appena la maglia a righe che mi

aderiva alla pelle, spazzando via i peli di gatto dai pantaloncini di jeans.

Avevo un aspetto un po’ sconclusionato, ma non ci badai; incrociai

invece i miei occhi, e la superficie mi restituì il volto fresco e luminoso di

una giovane donna.

Il mio viso non era più quel ritratto magro e ingrigito che anni prima

aveva varcato la soglia di casa per la prima volta.

Quella che mi restituiva lo sguardo era una ragazza dal colorito roseo e

sano, con le lentiggini messe in risalto dal sole e il volto esile ma riempito.

Polsi gentili, senza più ossa in vista, e uno sguardo luminoso che rifletteva

un’anima fatta di luce. Curve più dolci e pronunciate completavano quello

che era ormai il corpo di una ventunenne a tutti gli effetti.

Oh, beh… appena ventunenne…

Sorrisi, soffiando il ciuffo sbarazzino che mi sfiorava la fronte, poi mi

precipitai fuori dalla stanza.

Sulle mie dita brillavano solo tre cerotti colorati. Li guardai con

trasporto, realizzando come fossero diminuiti progressivamente nel corso

degli anni.

Forse chissà, un giorno non ne avrei più avuto bisogno… Avrei guardato

le mie mani nude, sapendo che tutti i colori erano dentro di me. Sorrisi di

nuovo, solo dentro di me.

Nel corridoio incrociai Klaus, ancora offeso per poco prima, e

passandogli accanto gli diedi un pizzicotto sul sedere.

Sussultò oltraggiato e io approfittai del fatto che fosse ancora mezzo

insonnolito per cominciare a correre. Aveva tredici anni ormai, e passava

più tempo a dormire che altro, ma era ancora piuttosto energico e correva

sempre come una trottola.

Risi mentre mi inseguiva giù per le scale, e in quel momento di totale

euforia il mio pensiero volò momentaneamente a lui.

Quando mi avrebbe chiamata? Possibile che non avesse ancora trovato

un momento per scrivermi?

Raggiunsi il pianoterra e schizzai di lato: Klaus invece slittò dritto senza

riuscire ad agguantarmi in tempo. Entrai in sala da pranzo sorridente.

«Eccomi», enunciai, sentendolo miagolare di vendetta in lontananza.

Anna si voltò e mi sorrise. Era splendida e radiosa: avvolta in una

camicia di cotone a sbuffo e pantaloni color blu notte, sembrava il sogno

luminoso che avevo tanto desiderato da bambina.

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