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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Rigel serrò i denti. Sembrò sforzarsi molto di trattenere qualunque parola

gli stesse premendo in gola. Poi, fissando la mia espressione così dolce e

volenterosa… e la spinta incoraggiante dei miei occhi… dopo quella che mi

parve una vera e propria lotta interiore, alla fine si decise a schiudere la

bocca in una fessura striminzita.

Accompagnai il cucchiaino dentro le sue labbra con un gesto morbido, e

lui mi fissò con occhi di fuoco fin quasi a consumarmi. Infine con uno

sguardo carico di acredine, deglutì.

«Beh, era tanto cattiva?»

«Sì», sputò scontroso, ma io avevo già preparato un secondo cucchiaino.

Per un momento credetti che me lo spezzasse con i denti. Con un po’ di

buona volontà e molta pazienza, lo convinsi a mangiarne più della metà.

Ad un certo punto, una goccia dorata straripò oltre l’angolo delle sue

labbra e io senza pensarci gliela raccolsi con il cucchiaino. Quando vide che

i miei occhi stavano bruciando di tenerezza non resse più.

«Basta così», sibilò strappandomi via la confezione e il cucchiaio. Li

mollò sul comodino, e prima che potessi protestare anche il vassoio subì la

stessa sorte.

«Oh, insomma,» soffiai con voce piccola, «lo avevamo quasi…»

Il suo braccio mi scivolò sulla vita e mi tirò verso di lui.

Cercai di non crollargli addosso ma fu inutile: la forza con cui mi

trattenne mi rese impossibile togliermi di lì.

«Rigel,» balbettai presa in contropiede, «che stai facendo?»

Tentai di arretrare, ma lui mi strinse a sé, premendomi al suo corpo;

prima che potessi dire altro avvicinò le labbra al mio orecchio e ringhiò

irriverente: «Non vorrai negarmi un po’ di… coccole».

Avvampai, mentre il calore della sua pelle mi ricordava quanto mi fosse

mancato. Il mio respiro si fece tremulo, e Rigel affondò il viso nel mio collo

e inalò il mio profumo, cingendomi col braccio; sentii i suoi polmoni

dilatarsi lentamente.

«Rigel, è un luogo pubblico…» farfugliai, rossa.

«Mh…»

«Se dovesse entrare qualcuno…» Le sue dita sfilarono piano la mia

camicetta dai jeans trovando una strada sulla pelle della mia vita. Mi strinse

il fianco e trattenni il fiato.

«R-Rigel, non vorrai far arrabbiare di nuovo la caposal…»

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