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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Rigel non si curava nemmeno delle costole fratturate, ma io ricordavo

bene le fitte che mi avevano perseguitata a ogni movimento. Persino

respirare mi era risultato doloroso. Ero certa che ora il dolore si stesse

facendo sentire.

«Se vuoi andartene da qui devi startene tranquillo, attenerti alle

raccomandazioni e soprattutto… mangiare», conclusi, mentre il mio

sguardo si spostava sul vassoio che gli avevano portato.

Rigel gli scoccò un’occhiata ostile ma io mi allungai per prenderlo e me

lo misi sulle ginocchia, osservandone il contenuto: un bicchiere d’acqua e la

frutta, che per i convalescenti era purea di mele.

Presi la confezione di plastica e la rigirai tra le dita prima di aprirla; gli

posizionai il cucchiaino sul vassoio, e glielo avvicinai.

«Avanti, mangia.»

Lui fulminò la purea come se potesse avvelenarlo, ma, oltre quello, ebbi

la sensazione che muoversi ora gli facesse davvero molto male; aveva

seriamente esagerato con i movimenti, anche se non lo avrebbe mai

ammesso.

«No, grazie», mormorò con un tono che avrebbe fatto desistere chiunque.

Ma non me.

Con gesti delicati presi la confezione e la ressi tra le dita; mi accomodai

meglio e poi affondai il cucchiaino nella polpa dorata.

«Che stai facendo?»

«Più resti fermo e meglio è… Lo ha detto anche il dottore, no?» Sorrisi,

tenera. «Dai, apri.»

Mi fissò, con il cucchiaino in mano, come se stentasse a credere alle mie

intenzioni. Quando sembrò capire che il mio intento era proprio quello che

aveva sospettato, ovvero di imboccarlo, una sfumatura indignata e feroce

gli affilò gli occhi.

«Non esiste.»

«Suvvia, Rigel, non fare il bambino…» soffiai avvicinandomi.

«Avanti…» Glielo posizionai sul ciglio della bocca, e lo inondai del mio

sguardo più indifeso.

Lui contrasse la mandibola, fissandomi con le labbra serrate, come se

l’istinto di mandare il vassoio all’aria stesse combattendo furiosamente con

il fatto che a proporgli quel gesto fossi io.

«Su…» modulai, vellutata.

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