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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Asia si sollevò gli occhiali da sole, borbottando qualcosa che sembrava

un rimprovero, e vidi Adeline ridacchiare mentre si metteva la cintura.

Pochi attimi dopo stavano sfrecciando via.

Tornai indietro con un sorriso sulle labbra e i capelli che frusciavano

sulla schiena.

Quando raggiunsi di nuovo la stanza di Rigel notai che non era più solo.

Accanto al suo letto c’era un vassoio e l’infermiera che glielo aveva

portato ora gli stava sistemando il lenzuolo, di modo che i fili delle flebo

non si accavallassero.

Mi accorsi che l’avevo già vista parecchie volte lì dentro; spesso era lei a

cambiargli le fasciature. Era giovanissima e delicata come un cerbiatto,

eppure quando sfiorava la pelle di Rigel io sentivo prudere la bocca dello

stomaco.

Rigel sembrò accorgersi che lei lo stava guardando di sottecchi; era sul

punto di fulminarla, ma all’ultimo una scintilla passò nelle sue iridi. Sbirciò

il cartellino sul suo petto e poi si tirò su, incombendo su di lei con un

sorriso suadente.

«Che ne dici, Dolores, si potrebbe mangiare qualcosa di decente?»

Lei arrossì, sgranando le palpebre. Cercò di rispondere, ma davanti a

quegli occhi le uscirono solo parole sconnesse.

«Mi spiace ma non… non mi è…»

«Ehm.»

L’infermiera sussultò come se fosse esploso qualcosa. Si voltò verso di

me e mi trovò lì, ferma sulla soglia. Con le gote in fiamme mi superò e

sparì oltre le mie spalle.

Io fissai Rigel con il labbro un po’ sporgente, corrucciata. Raggiunsi il

letto e posai la bottiglietta sul comodino, mentre lui vedeva sparire il suo

tentativo di migliorarsi il pranzo.

«Potresti… evitare… di corrompere le infermiere?» mugugnai,

lievemente imbronciata.

Rigel si risistemò tra le coperte con gesti rigidi.

«Cercavo di essere cortese…» celiò tra i denti, senza sforzarsi nemmeno

di essere credibile. Io lo guardai con un pizzico di rimprovero.

«Non devi sollevarti», gli ricordai, osservando la complicata fasciatura

della clavicola. «Il dottore ha detto che devi tenere il braccio più fermo

possibile… Ti fa male, vero?» sussurrai, vedendo il profilo un po’ contratto

della sua mandibola. «Oh, Rigel… Lo sai che non devi sforzarlo…»

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