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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Sei stato in coma un mese», gli ricordai sedendomi accanto a lui. «Non

credi che tutto questo sia… lecito e necessario?»

«Gradirei», scandì tra i denti, «che almeno non mi venissero cambiate le

fasciature anche quando non serve.»

«Non puoi goderti un po’ di coccole, ogni tanto?»

Lui si immobilizzò. Scostò un braccio, e mi guardò come se avessi detto

la cosa più ridicola del mondo.

«Coccole?» ripeté con sarcasmo.

«Sì, coccole…» le mie guance si tinsero di rosa. «Non lo so, sai,

rilassarti… lasciarti un po’ andare. So che non è facile per te… ma ogni

tanto potresti provare ad abbandonarti alle cure di qualcuno. Goderti un po’

di attenzioni…» farfugliai, lanciandogli un’occhiata. Lui aveva le braccia

ancora sollevate, incrociate sul volto, ma intravedevo i suoi occhi. Erano

fissi su di me.

Per un momento ebbi l’impressione che stesse riflettendo ardentemente

sulla parola coccole, ma con un significato molto diverso dal mio…

Prima che potesse dire qualunque cosa, io mi alzai con una movenza

delicata. Lisciai la camicetta che indossavo e mi portai i capelli dietro

l’orecchio.

«Dove vai?» domandò come se stessi partendo per l’altro capo del

mondo.

Mi voltai e mi accorsi che mi stava ancora osservando.

«Vado soltanto alle macchinette», risposi, poi risi. «Dove hai paura che

vada?»

Rigel mi scoccò un’occhiata in tralice, forse temendo che mollandolo in

balia dei dottori qualcuno potesse approfittare della mia assenza per

ingabbiarlo in quella stanza. Era insolito vederlo così vulnerabile e nervoso,

costretto in un ambiente che nella sua indole contorta sentiva ostile, perciò

gli sorrisi con dolcezza, sfiorandogli i capelli scuri.

«Vado a prendere un po’ d’acqua. Torno subito… Dai un’occhiata al libro

che ti ho portato, è quello sulla meccanica delle stelle che mi avevi

chiesto.»

Gli lasciai addosso una lunga occhiata prima di allontanarmi.

Percorsi tutto il corridoio fino alla sala dell’ingresso, dove tirai fuori

qualche monetina per poi fermarmi davanti al distributore.

«Oh, sei qui!»

Dietro di me, una ragazza flessuosa mi stava venendo incontro.

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