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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Allora non essere mai cattivo, e sopra ogni cosa ricorda: non puoi

mentire al fabbricante di lacrime.»

Le mie parole si spensero nel silenzio.

Ora che erano lì, scintillanti di inchiostro, sembravano aver atteso

soltanto la fine.

«È sempre stato questo per me», gli confessai. «È sempre stato quello

che volevano farci credere. Il mostro di cui avere paura… Ma mi

sbagliavo.»

Alzai gli occhi su di lui, con palpebre pesanti di pianto.

Avevo cercato la nostra favola per tanto tempo senza sapere di averla

sempre avuta dentro fin dall’inizio.

«Guarda, Rigel», sussurrai infine, distrutta. «Guarda come mi fai

piangere. Ecco allora la verità… Tu sei il mio fabbricante di lacrime.»

Scossi la testa, sgretolandomi del tutto. «L’ho capito troppo tardi. Ognuno

di noi ha il suo fabbricante di lacrime… È quella persona in grado di farci

piangere, di renderci felici o di straziarci con un’occhiata. È quella persona

che dentro di noi… ha un posto talmente importante da farci disperare con

una parola, o emozionare con un sorriso. E non puoi mentirle… Non puoi

mentire a quella persona, perché i sentimenti che ti legano a lei vanno al di

sopra di qualsiasi menzogna.

Non puoi dire a qualcuno che ami di odiarlo. È così… Non puoi mentire

al fabbricante di lacrime. Sarebbe come mentire a te stesso.»

L’angoscia mi assalì e io soffrii in ogni millimetro di pelle. Seppi che se

esisteva una fine, a quella storia, sarebbe rimasta per sempre con quel

bambino dagli occhi neri che avevo visto tanti anni prima sulla soglia di un

istituto.

«Avrei voluto guardarti negli occhi mentre te lo dicevo», singhiozzai,

stringendo le dita sulla coperta. «Avrei voluto che tu lo leggessi nel mio

sguardo nel momento in cui te lo avrei detto… ma forse è troppo tardi.

Forse il nostro tempo è scaduto… e questo è l’ultimo momento che mi

resta…»

Abbandonai la fronte sul suo petto. E mentre il mondo si spegneva con

me, io gli confessai le uniche parole che avevo conservato per il nostro

finale.

«Ti amo, Rigel», sussurrai con il cuore in pezzi. «Ti amo come si ama la

libertà nel buio di una cantina. Come si ama una carezza, dopo anni di lividi

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