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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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E io capii, come mai era successo prima, quanto distruttivo fosse

aggrapparsi a una speranza.

Robertson mi poggiò una mano sulla spalla prima di uscire; sapevo che

se avessi avuto la forza di guardarlo, avrei sentito la pena che provava per

avermi strappato via l’ennesimo sogno.

Restai lì, il giorno del mio diciottesimo compleanno.

Con il cuore che marciva tra le costole e quel palloncino appeso sopra il

suo corpo immobile.

Da piccola avevo sentito dire che la verità rende il mondo a colori.

È questo il compromesso. Finché non la conosci, non potrai mai vedere

la realtà in tutte le sue tinte.

Ma alcune verità hanno sfumature che ci annullano.

Alcune verità hanno storie che non siamo pronti a lasciare andare.

Io non ero pronta a lasciare la mia.

Ma non avevo più sorrisi da far vedere a Rigel. Non avevo più favole da

raccontargli.

Avevo solo un cuore vuoto, che mi erodeva dall’interno come un

elemento estraneo. C’erano volte in cui mi sembrava di sentirlo scivolarmi

fuori dal petto e cadere a terra con un tonfo, sotto i miei occhi insensibili.

Quelle stesse volte, pensavo che se il mio cuore fosse veramente caduto,

io mi sarei chinata per raccoglierlo senza nemmeno battere le palpebre.

Ogni sensazione, dentro di me, era dolore.

Mentre restavo con lui, quella sera, nemmeno le infermiere entrarono per

dirmi che dovevo andare via.

Forse perché avevano visto i miei occhi vitrei e non erano riuscite a

staccarmi da quel letto che sembrava tenere in vita non un cuore, ma due.

Il mio compleanno era trascorso ormai da qualche giorno e non era

cambiato nulla.

Lui era sempre lì. Io ero sempre lì.

Forse ci saremmo rimasti per sempre.

Avevo esaurito i racconti; e ogni luce che avevo tentato di dargli si era

spenta come un fiammifero dentro i suoi occhi chiusi.

Non rimaneva più niente.

Nella mia anima c’era solo un vuoto profondo. E proprio da lì, io sentii

riemergere parole che mi avevano accompagnato per tutta la vita.

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