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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Un’emozione violenta mi prese alla gola e il respiro mi mancò per un

tempo così lungo che la mia voce venne meno.

«D… Dottore!» sibilai a stento. Rantolai, incespicando giù dal letto, e

con gesti tremanti mi precipitai alla porta. «Dottore!» gridai. «Dottor

Robertson venga! Presto!»

Robertson accorse, e vedendo l’espressione sul suo volto capii che le mie

urla così improvvise avevano turbato persino la sua professionalità.

«Che cosa è successo?» domandò, affrettandosi a controllare i parametri

vitali di Rigel sullo schermo.

«Lui… ha reagito», buttai fuori freneticamente. «Ha reagito a ciò che gli

ho detto… Si è mosso…»

Robertson smise di osservare il monitor; poi si voltò verso di me. Mi

trovò con gli occhi arrossati e le dita intrecciate, esile e tremante.

«Cosa hai visto?» chiese, ora con tono più cauto.

«Si è mosso», risposi ancora. «Gli stavo tenendo la mano e lui ha mosso

le dita…»

Robertson lanciò un’altra occhiata ai valori di Rigel; poi… scosse la

testa.

«Mi dispiace, Nica. Rigel non è cosciente.»

«Ma io l’ho sentito», insistetti. «Glielo giuro, mi ha stretto la mano…

Non l’ho immaginato…»

Robertson sospirò, dopodiché affondò le dita nella tasca del camice ed

estrasse quella che sembrava una penna di metallo; la accese e ne scaturì un

fascio di luce sottilissima, che puntò sulla pupilla di Rigel dopo avergli

alzato la palpebra.

Non ci fu nessuna reazione.

Il mondo crollò lentamente. E io non potei fare altro che restare a

guardarlo, fragile e inutile.

«Ma io… Io…»

«Può succedere che i pazienti in stato comatoso si muovano ogni tanto»,

mi disse il dottore. «Possono avere spasmi, contrazioni… A volte

addirittura piangono. Ma… non significa nulla. Il fatto che si muova è puro

riflesso, una reazione involontaria ai farmaci.»

Mi guardò con una mortificazione che mi spezzò ancora di più.

«Mi dispiace, Nica.»

Nei miei occhi pieni di pianto, sentii per la prima volta bruciare qualcosa

di molto più doloroso delle lacrime: la disillusione.

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