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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Quella notte, quando l’ospedale divenne silenzioso come un santuario, il

mio cuore non aveva ancora smesso di tremare. Per un tempo che non potei

contare, le parole di Anna scavarono sentieri dentro di me e riecheggiarono

nel mio sconforto.

Fissai il vuoto. Nell’oscurità, l’unica cosa che riuscivo a sentire era quel

nulla incolmabile che toglieva senso ad ogni respiro.

Lui era lì, a pochi passi da me. Eppure… non era mai stato così distante.

«Volevi andartene», sussurrai nel buio.

Ero rimasta immobile, e non lo vedevo che a malapena. Tuttavia, avrei

saputo tracciare il contorno del suo viso anche a occhi chiusi.

«Volevi andartene senza dirmi niente… perché sapevi che avrei fatto di

tutto per impedirtelo. Sapevi che non te lo avrei permesso.» Lo fissai con

sguardo spento. «Io e te dovevamo restare insieme. Ma forse è sempre stata

questa la differenza tra noi. Io mi sono sempre illusa troppo. Tu… mai una

volta.»

La gola mi si chiuse lentamente, ma non distolsi gli occhi da lui. Sentivo

qualcosa dentro, una forza che spingeva per uscire.

«Era tua la rosa», continuai. «L’hai fatta a pezzi perché non volevi che io

capissi. Hai sempre avuto paura che io ti vedessi per ciò che sei… Ma ti

sbagliavi», sussurrai con la voce che si disfaceva. «Io ti vedo, Rigel. E

l’unico rimpianto che ho… è di non averlo potuto fare prima.»

Desiderai non sentire di nuovo le lacrime bruciarmi gli occhi, ma fu

inevitabile.

«Avrei voluto che mi permettessi di capirti… ma tu ogni volta mi hai

spinta lontano. Ho sempre creduto che tu non riuscissi a fidarti del tutto, che

non riuscissi a darmi un’occasione… Non era così. Non è a me che non hai

mai dato una possibilità, ma a te stesso.»

Strinsi gli occhi.

«Sei ingiusto, Rigel.»

Qualcosa in me tremò con il silenzio di un terremoto e tutto divenne acre

e bollente.

«Sei ingiusto», lo accusai tra le lacrime. «Non hai mai avuto il diritto di

decidere per me… Di tenermi lontano. E ora sei sul punto di lasciarmi fuori

ancora… Sempre solo, anche alla fine. Ma io non te lo permetto», mi

ostinai. «Hai capito? Io non te lo permetto!»

Tirai via la coperta. Allungai il braccio verso il suo corpo immobile,

bruciando di disperazione quando vidi che era troppo lontano.

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