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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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La risata gli carezzò le spalle con una scioltezza terrificante, e io seppi

che aveva capito.

Rise di me, il fabbricante di lacrime, con quelle sue labbra maliarde e i

denti scintillanti, e quel suono mi rimase addosso anche quando mi

allontanai per il corridoio. Anche quando mi chiusi dentro la mia stanza, da

sola, a muri e mattoni di distanza da lui.

E lì i ricordi presero a fluire…

«Adeline… hai pianto?»

La sua testolina bionda risaltava contro le crepe dell’intonaco. Era

rannicchiata sul retro, piccola e ricurva, come ogni volta che era triste.

«No», rispose lei, ma aveva gli occhi ancora arrossati.

«Non mentire, o il fabbricante di lacrime ti porta via.»

Lei si strinse le ginocchia con le braccine. «Ce lo raccontano solo per

spaventarci…»

«Tu non ci credi?» sussurrai. Tutti al Grave ci credevamo. Adeline mi

lanciò un’occhiata inquieta e io capii che lei non faceva eccezione. Aveva

solo due anni in più di quanti ne avevo io ed era una sorta di sorella

maggiore per me, ma certe cose non smettono mai di farti paura.

«Oggi a scuola l’ho detto a un bambino», mi confidò. «Lui non è qui con

noi. Ha raccontato una bugia e gli ho detto: “Guarda che non puoi mentire

al fabbricante di lacrime”. Ma lui non ha capito. Non ne ha mai sentito

parlare. Però conosce qualcosa di simile… Lo chiama l’Uomo Nero.»

La osservai senza capire. Entrambe eravamo al Grave fin da

piccolissime e fui certa che neanche lei sapesse che cosa intendeva.

«E questo Uomo Nero? Ti fa piangere? Ti fa disperare?» domandai.

«No… ma fa paura, dice. E ti porta via anche lui. È terrificante.»

Pensai a ciò che mi faceva paura. E mi venne in mente una cantina nel

buio.

Pensai a ciò che mi terrificava. E mi venne in mente Lei.

Allora capii. Lei era l’Uomo Nero mio, di Adeline e di tanti di noi. Ma se

a dirlo era un bambino che non faceva parte dell’istituto, significava che ce

n’erano molti altri in giro per il mondo.

«Esistono tanti Uomo Nero», dissi. «Ma c’è un solo fabbricante di

lacrime.»

Avevo sempre creduto nelle favole.

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