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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Rigel lo aveva sempre saputo. Ma era stato così accecato dalla speranza

di poter restare per sempre con lei, di non essere più solo, che aveva finito

per rifugiarsi in quell’illusione.

L’aveva guardata distesa sul suo letto, la schiena nuda che spuntava dalle

coperte. Poi aveva aperto la mano. Guardando il cerotto viola che lei gli

aveva appuntato sul petto, aveva capito quello che doveva fare.

Aveva stretto i pugni e poi, dopo aver richiuso la porta, era sceso di sotto

con un solo obiettivo.

Il tarlo gli aveva affondato le zanne nel cuore, tentando disperatamente di

fermarlo, ma Rigel lo aveva annegato dentro di sé con tutta la forza che gli

rimaneva.

Aveva cercato la sua favola, ma l’aveva trovata negli occhi di Nica.

L’aveva letta sulla sua pelle.

Sentita nel suo profumo.

L’aveva impressa nei ricordi di quella notte, e ora sapeva che non

l’avrebbe dimenticata mai più.

Di sotto, la luce della cucina era già accesa. Anche se era prestissimo, e

chiunque altro ancora dormiva, lui sapeva perfettamente chi ci avrebbe

trovato.

Anna aveva la vestaglia avvolta al corpo e i capelli scarmigliati. Stava

posizionando una teiera sui fornelli, ma non ci era voluto tanto perché si

accorgesse di lui, fermo sulla soglia.

«Rigel…» Si era portata una mano al petto, colta di sorpresa. «Ciao…

Come ti senti? È molto presto… Stavo per venire a vedere come stessi…»

Gli aveva rivolto uno sguardo preoccupato. «Va meglio?»

Lui non aveva risposto. L’aveva fissata con quegli occhi che non

sapevano più nascondersi, perché ora che la stava lasciando andare non

aveva più bisogno di fingere.

Anna l’aveva guardato confusa.

«Rigel?»

«Non posso più restare.»

Aveva sputato quelle parole come fossero acido.

Anna, dall’altra parte della cucina, era rimasta immobile.

«…Come?» era riuscita soltanto a sussurrare dopo un po’. «Che vuoi

dire?»

«Questo. Non posso più rimanere qui. Devo andarmene.»

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