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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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E non c’era stato bisogno di vedere gli sguardi della tutrice, né il

movimento con cui scuoteva la testa quando le famiglie sceglievano lui;

Rigel restava a spiarli dal giardino, e sui loro volti vedeva una pietà che lui

non aveva mai chiesto.

«Ebbene?»

L’uomo che gli stava puntando una lucina nell’occhio non aveva risposto.

Gli aveva inclinato il visetto da bambino, e Rigel aveva visto scintille

frizzanti esplodere davanti alla pupilla.

«Da dove ha detto che è caduto?»

«Dalle scale», aveva risposto la tutrice. «Come se non le avesse neanche

viste.»

«È colpa della malattia», il medico aveva socchiuso le ciglia,

scrutandolo. «Quando il dolore è molto forte, la dilatazione della pupilla gli

provoca disorientamento e qualche sorta di allucinazione.»

Rigel aveva capito poco di quelle parole, eppure non aveva alzato la

testa. Il dottore lo aveva sondato con lo sguardo, e lui ci aveva sentito

dentro una consapevolezza inaccettabile.

«Credo che dovrebbe farlo visitare da uno psicologo infantile. La sua è

una condizione davvero singolare. Unita al suo trauma…»

«Trauma?» aveva domandato la tutrice. «Che trauma?»

Il medico le aveva rivolto uno sguardo a metà tra il perplesso e

l’indignato.

«Miss Stoker, il bambino mostra evidenti segni da sindrome

d’abbandono.»

«Questo non è possibile,» aveva sibilato la tutrice con la voce che faceva

piangere gli altri bambini, «non sa quello che dice.»

«Ha detto lei stessa che è stato abbandonato.»

«Era ancora in fasce! Non può ricordarsi quello che è successo, era

appena un neonato!»

Il dottore, stoico, le aveva rivolto un’occhiata di massima autorevolezza.

«È perfettamente in grado di capire, ora. Bambini così piccoli sentono la

mancanza di punti di riferimento e tendono a colpevolizzarsi. Riflettono

questa assenza su loro stessi e se ne attribuiscono la causa. È possibile che

si sia convinto che ciò con cui è nato sia il motivo per cui lo hanno…»

«Lui non soffre di niente», aveva scandito la tutrice, con occhi pieni di

una ostinazione rabbiosa. «Io gli do tutto quello di cui ha bisogno. Tutto.»

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