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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Una lacrima le cadde dal volto, morendo sul pavimento. La tristezza di

quelle parole fu così intensa da indurmi a spostare lo sguardo su di lei.

Adeline prese qualcosa dalla tasca. Poi, con dita tremanti, appoggiò sulla

mia coperta ciò che teneva in mano.

Sul copriletto spiccava sgualcita la mia polaroid.

La foto che mi aveva fatto Billie, quella che non avevo più ritrovato ed

ero certa di aver perso.

Era lì.

«L’hanno trovata nel suo portafoglio,» mormorò Adeline, «in una tasca

interna. Lui la teneva… sempre con sé.»

Il mondo crollò definitivamente.

E io sentii crescere in me una verità che era rimasta nascosta per tanto

tempo.

Una verità fatta di sguardi segreti, di parole non dette, di sentimenti

taciuti per anni, nel più profondo dell’anima.

Una verità… che non avevo mai potuto vedere, ma che il suo cuore

aveva custodito in silenzio ogni singolo giorno.

«Non ero io, Nica», le sentii dire da un mondo che si disfaceva. «Al

Grave, quando Margaret ti chiudeva in cantina… non ero io a tenerti la

mano.»

E mentre la mia fronte si spaccava in solchi di pianto, mentre il dolore mi

spezzava e tutto bruciava insieme a me, io capii finalmente ciò che non ero

mai riuscita a comprendere.

Tutte le frasi, e i comportamenti.

E sentendo quella verità entrarmi dentro, la percepii diventare parte di

me, fondersi con la mia anima e far tremare, uno per uno, tutti i miei rovi di

rimpianti.

«Per tutto questo tempo… Per tutta la vita, lui ti ha sempre… sempre…»

Aveva sempre saputo che c’era qualcosa che non andava in lui.

Ci era nato con quella consapevolezza.

Se l’era sentito fin da quando aveva memoria; se lo era spiegato così,

Rigel, il motivo per cui lo avevano abbandonato.

Lui non era come gli altri.

*

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