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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Lo avevo chiamato di nuovo fratello. Se ci fosse mai stato un modo per

ritorcermi contro la situazione, per ritorcermi contro lui, allora lo avevo

appena modulato con le mie stesse labbra.

Con calma innaturale, lui alzò il viso e incrociò gli sguardi dei signori

Milligan. Poi, in un sorriso da manuale, enunciò: «Oh, eccome. Io e Nica

siamo molto uniti. Affiatati, oserei dire».

«Ma è meraviglioso!» esordì Anna. «Questa sì che è una notizia

stupenda. Sarete contenti di essere qui insieme, allora! Non è una bella

fortuna, eh Norman? Che i ragazzi vadano d’accordo?»

Si scambiarono commenti soddisfatti e io non mi accorsi del tovagliolo

che mi cadde sulle ginocchia.

Solo dopo un istante mi resi conto che il mio, di tovagliolo, era sul

tavolo.

La mano di Rigel ora era sulla mia coscia per riprenderselo. Strinse il

mio ginocchio e il suo tocco ebbe su di me un effetto sconvolgente: mi

sembrò di sentirlo sulla carne viva.

La sedia strisciò sul pavimento. Mi ritrovai in piedi, con il cuore in gola e

lo sguardo meravigliato dei signori Milligan puntato addosso. Non stavo

respirando.

«Io devo… devo andare in bagno.»

Sgattaiolai via a viso basso.

Il buio del corridoio mi inghiottì e proseguii fino a svoltare l’angolo,

dove mi appoggiai al muro. Cercai di calmare i battiti, di contenerli come

potevo, ma non ero mai stata brava a nascondere le mie emozioni. Riuscivo

ancora a sentire l’impronta delle sue dita come se mi avessero marchiata a

fuoco. Riuscivo ancora a sentirle su di me…

«Non dovresti scappare così», fu la voce alle mie spalle. «Farai

preoccupare i nostri presunti genitori.»

In fondo la fiaba la tesseva Rigel, lui era il ragno. I miei occhi frettolosi

lo trovarono lì, la spalla appoggiata all’angolo. Il suo fascino velenoso era

infestante. Lui era infestante.

«È un gioco per te?» buttai fuori, tremula. «Solo un gioco?»

«Hai fatto tutto tu, falena», replicò inclinando il volto. «È così che speri

di ottenere la loro approvazione? Mentendo?»

«Stai lontano», indietreggiai in un brivido, aumentando la distanza tra di

noi. I suoi occhi neri erano voragini, esercitavano su di me un potere a cui

non sapevo dare un nome. Mi spaventavano.

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