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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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dolore che provava. «C’è dell’acqua, se vuoi… Ti va di provare a bere un

sorso?»

Sentivo in bocca il sapore della bile, ma rimasi immobile, muta e

svuotata. Adeline strinse le labbra, poi sfilò delicatamente la mano dalla

mia. «È qui, aspetta…»

Si allungò al mio comodino e in quel momento mi accorsi del secondo

bicchiere accanto al mio letto.

Qualcuno ci aveva sistemato dentro un piccolo soffione.

Era come quelli che raccoglievo da bambina, nel cortile dell’istituto,

quando soffiandoci sopra esprimevo il desiderio di andarmene per vivere la

favola che avevo sempre sognato.

Lo sapevo… Lo aveva portato lei.

Adeline mi reclinò lo schienale del letto per aiutarmi a bere. Appoggiò di

nuovo il bicchiere sul comodino e qualcosa in lei si incrinò nel vedermi così

inerme. Mi sistemò la coperta e lo sguardo le cadde sul mio braccio, dove

spiccava il graffio che mi aveva lasciato l’ago quando si era strappato via. A

quel punto i suoi occhi si affollarono di lacrime.

«Volevano bloccarti i polsi», sussurrò. «Per impedirti di agitarti ancora e

farti male… Ho chiesto loro di non farlo. So che cosa ti evoca… Anche

Anna si è opposta.»

Adeline alzò il viso, sprigionando dolore con gli occhi pesti di pianto.

«Non lo trasferiranno.»

Scoppiò a piangere con un singhiozzo roco e mi abbracciò. Per la prima

volta nella mia vita da quando avevo desiderato affetto umano, io rimasi

inerte come una bambola.

«Non lo sapevo neanche io», confessò, stringendomi fin quasi a farmi

male. «Non sapevo della malattia… Credimi…»

Lasciai che le lacrime le sfibrassero il respiro. Lasciai che mi tremasse

addosso, che graffiasse e singhiozzasse, lasciai che sanguinasse proprio

come lei aveva sempre fatto con me. E mentre quel corpo crollava contro il

mio petto stremato, io mi chiesi se il dolore che entrambe sentivamo non

fosse esattamente lo stesso.

Solo dopo un po’ sembrò ritrovare la forza di lasciarmi andare.

Raddrizzò le spalle ma il suo viso rimase abbassato, come se, nonostante la

sofferenza, cercasse ancora di essere per me un punto di riferimento a cui

aggrapparsi.

«Nica… C’è una cosa che non ti ho mai detto.»

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