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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Rigel nel corridoio, di spalle. Quel «Vuoi aggiustarmi?» ringhiato come

una bestia ferita.

Cercai di oppormi a quell’invasione, di rifiutarla e spingerla via, ma mi si

avvinghiò alle costole offuscandomi la vista. Con forza crudele mi spinse

nella testa l’ultimo tassello.

Rigel al Grave, quando eravamo bambini.

Quelle piccole caramelle bianche che la tutrice allungava solo a lui.

Non erano caramelle.

Erano medicine.

La mia gola si chiuse bruscamente. A stento sentii il dottore mentre

riprendeva a parlare.

«Quando soggetti con una psiche più fragile degli altri subiscono traumi

del genere, il cervello tende a proteggere il sistema. Gli stati di incoscienza

in cui cadono, nella maggior parte dei casi, degenerano in… coma

irreversibile.»

«No», ingoiai. Il mio corpo tremava violentemente e tutti si voltarono

nella mia direzione.

Si era gettato da quel ponte per me.

Per salvarmi.

Per me.

«Nica…»

«No-» Un altro conato mi piegò in avanti e questa volta i succhi gastrici

mi bruciarono la gola, erodendo ciò che restava del mio corpo.

Qualcuno venne a sostenermi, ma sussultò quando le mie mani lo

respinsero.

Il dolore mi devastò come una follia e io persi l’ultimo barlume che mi

ancorava alla realtà.

«No!» gridai cominciando ad agitarmi. Le lacrime mi divorarono gli

occhi e io mi sporsi verso di lui, cercando di raggiungerlo. Quella non

poteva essere la fine, noi dovevamo restare insieme. Insieme, urlò la mia

anima, contorcendosi su se stessa. Voci tentarono di calmarmi ma la

devastazione dentro di me era tanto violenta da accecarmi.

«Nica!»

«No!»

Respinsi le braccia di Norman e in un impeto strappai via le coperte. Il

bip aumentò in modo allarmante, le costole incrinate pulsarono e l’aria si

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