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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Il tempo scorreva ora, ma io non esistevo.

Non ero più lì. Non ero in quella stanza.

Ero fuori da quella realtà.

Nell’urlo incredulo della mia anima, sentii solo il mio sguardo scivolare

lentamente su Anna.

E non ci fu bisogno di altro: lei andò in pezzi e scoppiò sotto i miei occhi.

«Mi dispiace, Nica!» esplose in lacrime. «Mi dispiace… Lui… Lui non

voleva che lo sapesse nessuno… Ci ha fatto promettere di non dirtelo… fin

dal giorno che è arrivato… Ci ha fatto giurare… Miss Fridge ci aveva

informati, ma Rigel ce lo ha fatto promettere…» strinse gli occhi,

singhiozzando. «Non ho potuto dirgli di no… Non ho potuto… Mi

dispiace…»

No.

Un boato assordante mi tremava dentro.

Non era reale.

«Quando l’hai trovato a terra la notte che siamo andati via… mi sono

spaventata a morte… Pensavo avesse avuto una crisi e fosse svenuto…»

No.

«Avevo parlato allo psicologo della sua condizione, per aiutarlo… Lui

deve averglielo detto e Rigel ha reagito male…»

«No», fu il sibilo che uscì dalle mie labbra. La nausea mi martellava tra

le tempie e io non sentivo nient’altro.

Non era vero. Se fosse stato malato io lo avrei saputo. Conoscevo Rigel

da tutta la vita. Non era vero…

Un ricordo strisciò a tradimento in me.

Lui seduto sul letto. Lo sguardo che mi aveva rivolto quella sera, quando

mi aveva detto: «C’è qualcosa di rotto in me… che non guarirà mai».

E il mondo esplose. Venni spazzata via mentre ogni tassello tornava

finalmente al suo posto.

I ripetuti mal di testa.

L’apprensione esagerata di Anna quando aveva la febbre.

Quella consapevolezza tra di loro che io non avevo mai capito.

Rigel la sera del suo compleanno, in camera sua, con le dita nei capelli e

le pupille dilatate.

Rigel che stringeva i pugni, che serrava di scatto le palpebre

indietreggiando da me.

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