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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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l’ossigeno.

Era la sensazione più struggente del mondo.

Prima che quella tensione arrivasse al limite, Rigel si staccò e si allungò

di lato. Sentii il fruscio dei pantaloni e uno stropiccio di plastica, ma ero

così smarrita che non riuscii nemmeno a comprenderlo.

La sua mano si chiuse sul mio bacino, tirandomi verso di lui.

Sussultai sentendo il contatto del suo desiderio tra le mie gambe. Ormai

ero talmente ipersensibile che bastava nulla a farmi tremare.

A separarci, ora, non c’era niente. Il cuore prese a battermi fortissimo, e

il mio sguardo fremette.

«Guardami», sentii sussurrare.

In un singulto incrociai i suoi occhi.

E Rigel mi guardò… mi guardò in un modo che fino alla fine non avrei

mai capito. Emozioni infinite bruciarono nel suo sguardo, e io le rincorsi

una ad una fino a imprimerle nella memoria.

Fino a renderle mie.

Solo e soltanto mie.

Poi si spinse dentro. Repressi un gemito di dolore e sentii i muscoli

tendersi e bruciare. Il mio corpo si irrigidì e una trafittura si fece largo

dentro di me mano a mano che lui avanzava piano, cercando di non farmi

male.

Inalai fiato, sentendo una lacrima rotolarmi lungo la tempia. Ma Rigel

non distolse gli occhi dai miei, nemmeno per un momento. Le sue pupille,

profonde e dilatate, rimasero ancorate alle mie, come se volesse incidersi

nell’anima ogni singola sfumatura di quell’istante.

Ogni singola sfumatura di me.

E io glielo lasciai fare.

Lasciai che si prendesse tutto.

Tutto quello che potevo dargli.

E infine noi combaciammo… come pezzi rotti di un’unica anima.

E per la prima volta nella mia vita, per la prima volta da quando ero solo

una bambina, ogni parte di me sembrò trovare il suo giusto incastro.

Senza crepe o sbeccature.

Rigel si fuse con me, e la sua mano si aggrappò alle mie costole come se

volesse raggiungermi il cuore. Appoggiò l’altra mano alla spalliera, reclinò

il viso e spinse la fronte contro la mia.

Lo fece perché, forse, anche lui voleva dirmi qualcosa senza le parole.

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