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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Ero riuscita a liberare una vespa intrappolata nella tela di un ragno,

qualche giorno prima; avevo fatto attenzione a non rompere la maglia

finissima, ma non ero stata abbastanza rapida e lei mi aveva punto.

«Nica è con le sue bestioline», dicevano i bambini quando eravamo più

piccoli. «Sta con loro tutto il tempo, là, tra i fiori». Si erano abituati alla

mia diversità, forse perché nel nostro istituto era più comune della

normalità.

Sentivo una strana empatia con tutto ciò che era piccolo e incompreso.

L’istinto di proteggere ogni tipo di creatura era nato quando ero bambina e

non se ne era più andato. Aveva plasmato il mio piccolo e strano mondo con

colori tutti miei, che mi facevano sentire libera, viva e leggera.

Mi tornarono in mente le parole di Anna il primo giorno, quando mi

aveva chiesto cosa stessi facendo nel giardino. Cosa avrebbe pensato? Mi

avrebbe trovato strana?

Sovrappensiero, mi voltai nel percepire una presenza alle mie spalle.

Spalancai le palpebre e con un balzo veloce mi allontanai.

Rigel mi seguì con lo sguardo, e il mio scatto smosse la ciocca di capelli

che gli carezzava la fronte. Lo fissai con occhi sgranati, ancora spaventata

dal nostro ultimo incontro. Si era rivelato ancora più contorto e

imprevedibile di quanto già non fosse.

La mia reazione non lo scompose. In compenso, gli affilò la bocca in un

sorriso sghembo.

Mi superò ed entrò in cucina. Sentii Anna salutarlo, mentre scrollavo le

spalle; ogni volta che si avvicinava i brividi non mi davano tregua, questa

volta però erano giustificati. Avevo passato tutto il giorno a rivivere ciò che

era successo, ma più ci pensavo più quelle parole indecifrabili mi

tormentavano.

Che voleva dire con “Non mi fermo”? Non mi fermo dal fare… cosa?

«Eccoti, Nica», mi salutò Anna mentre entravo cauta. Ero ancora persa

nelle mie riflessioni quando un’esplosione di colori, di un viola rovente, mi

riempì gli occhi.

Un enorme mazzo di fiori troneggiava al centro del tavolo, ricco di

boccioli morbidi che ingentilivano il vaso di cristallo; lo fissai con sguardo

incantato, colta da quella meraviglia.

«Che belli…»

«Ti piacciono?»

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