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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Facendomi forza, alzai la mano e bussai.

Quando entrai, la luce fioca della finestra disegnò il profilo della stanza.

La figura di Rigel era avvolta dalle ombre. Distinsi il contorno solido del

suo torace con una stretta al petto e, per un momento, lo ascoltai respirare.

Fuori pioveva, ma l’odore che mi portavo addosso non bastò a

mascherare il suo. Si mischiò al mio sangue e mi ricordò con quanta

profondità mi era entrato nell’anima.

Con delicatezza, mi avvicinai e posai la mano sul suo viso, trovandolo

caldo ma fortunatamente non malato.

Sospirai. Feci scivolare i polpastrelli sulla sua pelle, regalandogli una

carezza nascosta, poi tornai a voltarmi. Avevo ormai raggiunto la porta

quando la sua voce mi fermò.

«Posso soltanto farti del male.»

Rimasi immobile. Ascoltai quelle parole come se in fondo, da qualche

parte, le conoscessi già.

«Io sono questo…» mormorò la sua voce disillusa, «e non so essere

nient’altro.»

Guardai davanti a me, le palpebre a mezz’asta, l’espressione spenta,

come se il mio cuore fosse un diamante impolverato che aveva smesso di

brillare.

Lentamente, mi girai. Rigel era seduto, le mani stringevano il bordo del

letto, ma il viso era abbassato, adombrato dai capelli. Sembrava volermi

impedire di vederlo.

«È questa la verità…»

«La notte riesco a dormire», lo interruppi, svuotata ma decisa. «Non devo

più tenere la luce accesa. Non mi alzo più perché non voglio

addormentarmi. Gli incubi non sono andati via… ma stanno sbiadendo.

Sbiadiscono perché in quel nero non vedo più la cantina, ma i tuoi occhi.»

Assottigliai le palpebre, spezzata. «Tu mi stai guarendo, Rigel. Eppure

nemmeno te ne accorgi.»

Mi aveva riempita di stelle.

E neanche lo vedeva.

«Guarire si può…» sussurrai, credendoci davvero.

A quel punto, però, Rigel alzò gli occhi. E in quell’istante capii che

qualunque verità ci fosse dentro il suo sguardo andava al di là di me. Lui, in

quel modo, non si era mai fatto vedere da nessuno.

«C’è qualcosa di rotto in me… che non guarirà mai.»

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