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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Raggiunsi il salotto con passo lento e mi arrampicai sul divano,

avvolgendo le ginocchia con le braccia.

Mi chiesi se fosse così che si sentivano Billie e Miki, come qualcosa di

essenziale che era fuori dal proprio asse. Avrei solo voluto poterne parlare

con qualcuno.

«Credevo che sarebbe arrivato da fuori.»

Klaus, sul divano accanto a me, mi fissò con un occhio mezzo aperto. In

quel momento lui mi sembrò l’unico con cui potessi confidarmi.

«Quando tutto è iniziato…» sussurrai. «Credevo che qualunque ostacolo

si fosse messo tra di noi… sarebbe arrivato dall’esterno. Che lo avremmo in

qualche modo… affrontato insieme.»

Mi voltai verso di lui, sentendo gli occhi velarsi.

«Ho sbagliato», mormorai. «Non avevo messo in conto l’aspetto più

importante.»

Klaus mi osservò in silenzio. Scivolai giù, rannicchiandomi su me stessa,

come a volermi proteggere dal mondo.

Lasciai che la stanchezza si prendesse i miei pensieri. Mi addormentai,

ma nemmeno nel sonno riuscii a trovare la pace che speravo.

Ad un certo punto mi sembrò di sentire qualcosa toccare il mio viso.

Dita… che mi sfiorarono la guancia. Quel gesto così intimo e lieve

superò anche le barriere del sonno, raggiungendomi disperatamente il

cuore.

Avrei riconosciuto quel tocco tra mille altri.

«Vorrei farti entrare», sentii sussurrare. «Ma dentro sono un sentiero di

spine.»

Lo disse come se non sapesse come altro dirlo.

Quel tono malinconico mi bruciò il cuore. Cercai di aggrapparmi alla

realtà, di lottare per restare sveglia, ma invano. Le sue parole si persero con

me, fino a svanire.

Quando mi svegliai era ormai sera. Nell’istante in cui tornai ad aprire gli

occhi mi accorsi di due pesi che sentivo addosso.

Uno era quella frase, che ero certa non fosse stata un sogno.

L’altro…

L’altro era Klaus, acciambellato su di me, che dormiva con il muso

incastrato nella mia gola.

Il giorno dopo Rigel non venne con me a scuola.

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