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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Lo afferrò per i capelli e Peter trattenne un grido. Era piccolo,

magrolino, con occhiaie che gli scavavano le guance. Aveva un aspetto

patetico, con il naso che colava e gli occhi pieni di paura.

Rigel intravide il disgusto nello sguardo della tutrice e si chiese se in

quella donna ci fosse un briciolo di umanità.

Ancora una volta si ricordò di non affezionarsi mai a lei, nemmeno se lo

coccolava, lo accudiva come una madre e gli diceva che era speciale.

Nemmeno se era l’unica a dargli un briciolo di affetto.

Non poteva dimenticare il suo secondo volto.

Solitamente non li puniva davanti a lui. Si assicurava che fosse sempre in

un’altra stanza, come se non sapesse ciò che faceva o il mostro che era. Ma

quella volta no. Quella volta era imbestialita e non vedeva l’ora di

riempirli di botte.

«Voltati», ordinò a Peter.

Gli occhi di Peter si riempirono di lacrime. Rigel si augurò che non se la

facesse di nuovo addosso, o lei gli avrebbe fatto rimpiangere di aver

macchiato il tappeto. La tutrice lo costrinse a voltarsi e lui si portò le mani

tremanti alla testa per proteggersi, sussurrando preghiere che non

sarebbero mai uscite da quella casa.

La scudisciata risuonò così forte che tutti trattennero il fiato. Lo colpì

alla schiena e sul retro delle cosce, dove nessuno avrebbe visto i segni.

La sofferenza fece sussultare quel corpicino come un tuono e lei sembrò

disprezzarlo ancora di più, soltanto perché reagiva al dolore.

Come poteva? Come poteva essere amato da un mostro così?

Perché l’unica persona da cui riceveva affetto era tanto disumana?

Si sentì ancora più sbagliato.

Distorto.

Inadatto.

Il rifiuto spinse in lui fino a romperlo dentro. Ancora di più.

Non doveva legarsi. Non doveva provare affetto, l’affetto era sbagliato.

«Voglio sapere chi è stato», sibilò la tutrice, con la rabbia che le

gonfiava le vene sulle tempie. Odiava non trovare il colpevole.

Si aggirò tra i bambini con la cintura stretta nel pugno e si avvicinò a

Nica. E Rigel vide con orrore che lei si stava mordendo convulsamente le

cuciture dei cerotti. Era un gesto che faceva quando era nervosa, ma la

tutrice lo notò.

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