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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Come dovevo fare? Sarei stata in grado di aiutarlo? Mentre lui si ritraeva

terrificato da me, per la prima volta sentii qualcosa riaffiorare dai ricordi.

“È la delicatezza, Nica”, sussurrò la voce della mamma. “La

delicatezza, sempre… ricordatelo.” I suoi occhi dolci erano scolpiti nella

mia memoria.

Avvolsi il passero tra le mani con tenerezza, senza fargli male. Non lo

lasciai andare, nemmeno quando mi beccò le dita, nemmeno quando gli

artigli mi graffiarono i polpastrelli.

Lo strinsi al petto e gli promisi che almeno uno di noi avrebbe riavuto la

sua libertà.

Tornai all’istituto e chiesi subito aiuto ad Adeline, una delle più grandi,

pregando che la tutrice non scoprisse ciò che avevo trovato: temevo la sua

crudeltà più di ogni altra cosa.

Insieme lo steccammo col bastoncino di un ghiacciolo trafugato nella

spazzatura, e nel corso di quei giorni gli portai le briciole dei nostri pasti,

raggiungendolo trafelata dove lo avevo nascosto.

Mi beccò le dita molte volte, ma non mi arresi mai.

«Ti curerò, vedrai…» gli giuravo con i polpastrelli arrossati, doloranti,

mentre lui arruffava le piume del petto. «Non preoccuparti…»

Restavo a guardarlo per ore, un po’ distante per non spaventarlo.

«E volerai,» sussurravo in punta di labbra, «volerai un giorno, e sarai

libero. Ancora un po’… aspetta ancora un po’…»

Lui mi beccava quando cercavo di controllargli l’ala. Tentava di tenermi

lontana. Eppure io restavo, ogni volta, con delicatezza. Gli sistemavo il

letto di erba e foglie e gli sussurravo di avere pazienza.

E il giorno in cui guarì, il giorno in cui volò via dalle mie mani, mi sentii

per la prima volta nella mia vita meno sporca e spenta. Un po’ più viva.

Un po’ più libera.

Come se potessi tornare a respirare.

Avevo ritrovato dentro di me colori che non credevo di avere: quelli della

speranza.

E con le dita coperte di cerotti variopinti nemmeno la mia esistenza

sembrava più così grigia.

Tirai piano il lembo plasticato.

Liberai il dito indice, quello coperto dal cerotto azzurro, e vidi che era

ancora un po’ gonfio e arrossato.

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