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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Cosa provi per lui?»

Una sensazione sorda mi rese incapace di distogliere lo sguardo da Rigel.

«Come?»

«Cosa provi?»

La sua voce suonò come un ringhio, ma nei suoi occhi vidi pulsare

qualcosa di vulnerabile, come una ferita. Lo fissai incredula, perché quella

domanda scuoteva tutta la fiducia che tanto avevamo faticato a costruire.

«Niente…»

Rigel mi guardò con un’amarezza bruciante. Scosse lentamente il capo,

come se davanti avesse una verità che non voleva accettare.

«Non ci riesci», spinse fuori. «Tu non ci riesci. Dopo tutto quello che ha

fatto… Dopo tutta l’invadenza, e l’insistenza, dopo che per poco non ti ha

messo le mani addosso, tu non riesci a odiarlo.»

Quelle parole furono come un graffio.

Le sentii colpirmi ed entrarmi nella pelle, perché… erano la verità.

Non lo potevo negare.

Non importava quanto mi facessero male.

Io non sapevo detestare… nemmeno con tutte le mie forze.

Eppure me lo avevano insegnato, l’odio. La tutrice me lo aveva impresso

sulla pelle in un modo che non avrei mai potuto dimenticare.

Mi aveva spezzata, calpestata, deformata. Ammaccata e incrinata. Mi

aveva piegata a tal punto che ero rimasta per sempre così, distorta e fragile

come una bambina.

Questo era ciò che mi aveva lasciato. Un cuore difettoso, che cercava

negli altri la bontà che non aveva trovato in Lei. Una falena che vedeva luce

in ogni cosa, anche se si bruciava fino a consumarsi.

Strinsi le dita. Guardai Rigel con occhi spenti e scossi anche io la testa,

inghiottendo quella consapevolezza.

«Non è importante», dissi piano.

«Non è importante?» ripeté Rigel, stringendo gli occhi neri con rabbioso

dolore. «Ah, non lo è? E allora cos’è veramente importante per te, Nica?»

No.

Tutto ma non quello.

Serrai le mani in due pugni instabili.

Lui era l’ultima persona che poteva pronunciare quelle parole.

«Io lo so cos’è importante», sussurrai con una voce che non sembrava

nemmeno la mia. Sentii il sangue sfrigolarmi sottopelle e alzai gli occhi,

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