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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Deglutì e si ritrovò ad aumentare la presa tra i suoi capelli. Era più forte

di lui, desiderava stringerla, sentirla, riempirsi le mani di lei. Non era mai

stato delicato, l’unica delicatezza che aveva dentro era quella che portava il

suo nome.

Ma Nica appoggiò la tempia contro il suo braccio, placida e serena come

nemmeno nei suoi sogni aveva mai sperato di vederla.

Lo guardò in viso senza timore.

E mentre quel sorriso lo metteva di nuovo in ginocchio, Rigel capì per la

prima volta che qualsiasi parola esistesse per esprimere ciò che provava non

gli sarebbe mai bastata.

Lei era la cosa più bella che avesse mai avuto dentro di sé.

E lui seppe solo che, qualunque cosa gli fosse costato, l’avrebbe protetta.

Ogni momento.

Ogni singolo, minuscolo istante.

Fin quando avesse potuto.

La bocca di Rigel si chiuse sulla mia e un brivido mi crepitò con

dolcezza nella carne. Mi sciolsi nel suo calore mentre lui mi stringeva in

quel bacio, le dita ancora chiuse tra i miei capelli.

La mia mano sfiorò la sua clavicola e poi si avvolse dietro il suo collo in

una presa delicata. Mossi le labbra contro le sue, rispondendo docile, e gli

strappai un sospiro.

Avrei voluto dirgli che mi piaceva da morire quando sospirava così.

Piano, di nascosto, come se non volesse farsi sentire nemmeno da se stesso.

Mi reclinò di più il capo, piegandomi sotto la sua volontà, e io glielo

lasciai fare. Ero cera tra le sue mani.

Ebbi la sensazione che lui si stesse trattenendo. Il suo respiro era forzato,

misurato, e le sue mani mi toccavano come se avessero voluto esplorarmi

anche l’anima, ma al contempo ne fossero intimorite.

Non capivo perché ci fosse sempre quel tremito, in lui, e cercando di

trasmettergli la mia serenità lo carezzai soffice, succhiandogli dolcemente le

labbra.

Mi afferrò con più forza e lo schiocco umido del suo bacio risuonò di un

respiro roco, rovente sulla mia bocca turgida. Il suo sapore mi stordiva. La

sua lingua era un incendio.

*

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