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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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gelida e ombrosa di Rigel.

Era rimasto in silenzio per tutto il tempo. Sapevo che non era da lui

parlare per dare aria alla bocca, ma dal suo mutismo avevo capito che

quell’incontro non era andato come previsto.

Mi avvicinai e appoggiai la tazza fumante vicino a lui, facendogli

percepire la mia presenza.

«È tutto okay?» domandai con dolcezza.

Lui non si voltò a guardarmi. Si limitò ad annuire.

«Rigel… Che è successo con il dottore?»

Cercai di essere il più delicata possibile perché non volevo essere

invadente. Ero soltanto preoccupata per lui e volevo essergli di conforto.

«Niente di importante», rispose laconico.

«Sembravi… turbato.»

Cercai il suo sguardo, ma lui non me lo concesse. Fissava i tasti bianchi

come se avesse davanti agli occhi un mondo che io non potevo vedere.

«Credeva di poter entrare», mormorò come se fossi l’unica che poteva

capire. «Credeva… di potermi guardare dentro.»

«E questo è stato il suo errore?» sussurrai.

«No», rispose lui, chiudendo gli occhi. «Il suo errore è stato credere che

glielo avrei permesso.»

Desiderai non provare quel vuoto pungente al petto, ma purtroppo non

riuscii a controllare quella emozione.

È anche il mio errore, avrei voluto confessargli, ma tacqui per timore di

una risposta.

Rigel era introverso, complicato e ostile agli affetti ma, soprattutto, era

unico. Avevo ormai capito da tempo che aveva eretto una barriera tra sé e il

mondo, una barriera che si era radicata al suo cuore, ai suoi polmoni e alle

sue ossa, diventando parte di lui.

Eppure sapevo anche che, oltre quella, splendeva un universo di tenebre e

velluto.

Ed era proprio in quella galassia rara e bellissima che io sarei voluta

entrare.

Piano, con delicatezza.

Non volevo fargli male.

Non volevo cambiarlo, o peggio, aggiustarlo. Non volevo cancellare i

suoi demoni, volevo solo sedermi con loro sotto quel tetto di stelle a

contarle in silenzio.

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