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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Le due donne se ne andarono, e io schizzai fuori dallo sgabuzzino

inciampando su piedi infermi. L’aria cambiò di botto.

Mi voltai con occhi spalancati e un rossore diffuso sul viso, e Rigel mi

fissò dalla penombra, leccandosi le labbra turgide, guardandomi come se mi

trovasse deliziosa. Balbettai parole sconnesse prima che un filo di corrente

fredda mi facesse abbassare lo sguardo sulla mia gamba.

Lì, dove prima c’era il piccolo buco, ora c’era una smagliatura enorme:

una chiazza di carne lattea spuntava dal tessuto strappato. Spalancai la

bocca, e fui certa di vederlo sorridere.

«Oh…» mormorò Rigel. «Ora le devi proprio cambiare.»

Rigel era stato un folle a rischiare così.

Nessuno doveva capire quello che c’era tra noi, nessuno doveva sapere, o

avremmo potuto perdere tutto.

Non avrei sopportato di non rivedere più Anna e Norman. Non ora che

erano diventati così parte della mia vita. Sapevo di risultare contraddittoria,

ma sapevo anche che, dentro di me, non avrei mai voluto distruggere quello

che avevamo costruito.

Lui non sembrava rendersi conto della gravità della situazione, e la cosa

mi preoccupava. Agli occhi degli altri noi saremmo presto stati una

famiglia. Per alcuni lo eravamo già.

Dovevamo stare attenti.

Ma se da una parte quella consapevolezza era forte, dall’altra, non

riuscivo a togliermi di dosso la sensazione delle sue mani. Non mi

riconoscevo più.

Più mi toccava… più mi sembrava di impazzire.

Il cuore mi fibrillava.

Le mani tremavano.

Il suo tocco mi plasmava e il mio petto diventava un’estasi delirante.

Più gli davo pezzi della mia anima e più diventavo sua.

Come avrei fatto a gestire tutto quello?

«Nica, c’è una visita per te.» Norman sbucò in camera, interrompendo i

miei pensieri.

Lo guardai confusa; quando scesi di sotto, sulla porta intravidi due iridi

azzurrissime che mi strapparono un sorriso.

«Adeline!»

I suoi occhi si addolcirono non appena mi vide.

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