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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Non è stata colpa di Rigel Wilde», protestavano le sue compagne. «Non

l’ha fatto apposta, è innocente.»

Rigel schioccò la lingua.

«Certa gente farebbe meglio a non giocare se non ha spirito sportivo»,

celiò. «Si è trattato solo di un tragico incidente…»

«Non è quello che mi hanno detto», mormorai.

Quella luce nelle sue iridi si assottigliò. Mi guardò in quel modo ombroso

e birichino che si portava addosso fin da piccolo.

«E cosa ti hanno detto?»

«Che lo hai provocato.»

Avevo visto Miki al cambio d’ora. Stralunata, lei mi aveva giurato di aver

scorto Rigel nascondere un sorriso sghembo dopo “l’incidente”.

A quel punto il professore aveva visto perfettamente Gyle saltargli

addosso come un animale furioso. Rigel era rimasto fermo giusto il tempo

di farsi rovinare la pelle con un pugno, poi gli aveva sfogato addosso una

scarica di colpi devastante.

Ecco perché ero lì. Era stata Miki a dirmi dove trovarlo.

«Provocare, io?» ripeté con voce leggera e strascicata. «Che ingiuria

diffamante…»

Scossi la testa, esausta, e mi avvicinai a lui. I suoi occhi si fecero più

vigili.

«Come è possibile che tu finisca sempre per fare a botte?» gli domandai.

Rigel inclinò il volto di lato e sorrise, sfrontato.

«Ti preoccupi per me, Nica?»

«Sì», sussurrai senza esitazioni. «Finisci sempre per farti male. E l’ultima

cosa che voglio vedere è un’altra ferita sulla tua pelle.»

Il tenore del discorso cambiò come se avessi detto qualcosa di

importante. Non volevo scherzare su quello. Gli occhi di Rigel, ora, mi

guardavano senza più giochi o finzioni.

«Quelle sulla pelle sono le uniche ferite che vanno via», replicò con una

serietà che mi strinse il petto.

«Non tutto è destinato a far male per sempre, Rigel», gli dissi. «Ci sono

cose che possono curarsi… Lo fanno piano, col tempo, anche se non ci

sembra possibile… A volte si può. A volte… anche solo una piccola parte

di noi può guarire.»

I suoi occhi mi guardarono a lungo.

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