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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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27. Le calze

“Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza

della vita è composta d’ombra e di luce.”

Lev Tolstoj

«Nica?»

Sbattei le palpebre, tornando alla realtà.

Norman mi osservava vagamente preoccupato.

«Ti va bene?»

Lui ed Anna rimasero a guardarmi.

«Perdonatemi, mi sono distratta», farfugliai.

«Lo psicologo, Nica», ripeté Anna, paziente. «Ti ricordi quando ne

avevamo parlato? Che forse confrontarti con qualcuno avrebbe potuto

aiutarti e farti stare meglio», continuò delicata. «Ecco, una mia amica mi ha

dato il numero di uno molto bravo… Mi ha detto che in questi giorni

sarebbe disponibile.» Mi studiò con premura. «Che ne pensi?»

Una sensazione di ansia mi pizzicò la bocca dello stomaco, tuttavia

cercai di non mostrarla. Anna voleva aiutarmi, voleva soltanto il mio bene.

Quella consapevolezza attenuò il mio malessere, ma non lo fece svanire. Il

suo sguardo fiducioso, però, mi diede coraggio.

«Okay», risposi cercando di fidarmi di lei.

«Okay?»

Annuii. Avrei potuto almeno provarci.

Lei parve felice di poter fare finalmente qualcosa per me.

«D’accordo. Allora più tardi chiamo lo studio per dargli conferma.» Mi

sorrise, lasciandomi una carezza sulla mano, poi puntò gli occhi alle mie

spalle con espressione illuminata. «Oh, buongiorno!»

Mi tesi in ogni nervo quando Rigel entrò in cucina. La mia pelle divenne

sensibile alla sua presenza e lo stomaco si riempì di scintille. Dovetti

impiegare tutte le mie forze per non alzare il viso e incollargli gli occhi

addosso.

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