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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Per sempre.

E sempre.

E sempre…

«Nica?»

Una luce. Un rumore di passi.

La voce di Anna.

Spalancai gli occhi. Non feci in tempo a ragionare che Rigel si staccò

bruscamente da me.

Mi sembrò come se mi avessero appena strappato le radici.

Quando Anna mi raggiunse, avvolta nella vestaglia, mi trovò in piedi

vicino al pianoforte, totalmente sola. La fissai con due occhi sbarrati da

cerbiatto e le dita che si torturavano a vicenda.

«Sei tu, Nica…» farfugliò assonnata, guardando i miei piedi nudi. «Ho

sentito un rumore all’improvviso… Il pianoforte… Tutto bene?»

Annuii a labbra strette sperando che non notasse il mio volto arrossito.

«Che ci fai qui, al buio? Non riesci di nuovo a dormire?»

«Sono… tornata a casa da poco», pigolai con una voce quasi ridicola,

prima di deglutirci sopra. «Mi dispiace averti svegliata…»

Anna si rilassò, lanciando un’occhiata alla porta di casa, e io approfittai

di quel momento per raddrizzarmi frettolosamente una spallina del vestito.

«Tranquilla, non è nulla. Vieni.»

Allungò una mano verso di me con un sorriso.

Mi piegai a raccogliere le scarpe, avviandomi verso di lei per lasciare che

mi accompagnasse di sopra; ma prima di attraversare l’arcata che portava

nel corridoio, dove mi stava aspettando, mi voltai di lato… e lo vidi.

Lì nell’oscurità, dove lei non poteva notarlo.

Le spalle al muro, la gamba piegata contro la superficie, il respiro

ansante e silenzioso che gli gonfiava il petto. Sul viso reclinato all’indietro,

gli occhi liquidi e bollenti erano piantati su di me. Aveva ancora le labbra

umide e gonfie per tutti quei morsi. I capelli scompigliati dalle mie dita.

Rigel mi guardò come il peccato vivente che era.

E io sentii pace e tormenta… Sollievo e decadenza.

Folgori lucenti e temporali nel buio.

Sentii la tempesta che incombeva su di noi, carica di tuoni.

«Già…» sussurrò una voce dentro di me, contando gli universi purpurei

e stellati che mi aveva lasciato dentro, «…ma guarda che bei colori».

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