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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Mi mancava il fiato, il cuore batteva come un matto, mi sentivo

esplodere. Rigel mi infilò un ginocchio tra le cosce, incastrandomi contro di

lui, e il bacio divenne potente, spaventoso, celestiale.

Eravamo fatti per completarci, angoli e spigoli.

Per essere silenzio dove gli altri erano rumore.

Eravamo esiliati dal regno delle favole.

E io avrei voluto dirgli che non importava se non esistevano racconti per

quelli come noi, che non importava se non saremo mai andati bene. Finché

fossimo rimasti insieme nemmeno il futuro faceva più paura.

E forse, in fin dei conti, avremmo potuto essere una favola solo nostra.

Una favola di lacrime e sorrisi.

Graffi e morsi nel buio.

Qualcosa di prezioso e rovinato dove non c’era altro lieto fine al di fuori

di noi.

Strinsi le cosce attorno al suo ginocchio e Rigel si incendiò. Sembrava

incapace di ragionare, di controllarsi, di trattenersi. Mi afferrò le gambe per

sollevarmi, le mie scarpe si scalzarono e tremai quando i nostri battiti si

schiantarono l’uno contro l’altro come mondi gemelli.

«Insieme…» soffiai dentro il suo orecchio come una supplica. Rigel

ansimò tra i miei capelli, e io strinsi le ciocche setose della sua nuca,

posandogli le labbra sulla gola.

Mi strinse le cosce fino a farmi male e produssi un suono scordato contro

i tasti quando nell’impeto scivolai lì seduta.

Gli avvolsi le gambe intorno al bacino e i suoi pollici si incastrarono

sotto i miei zigomi dettando un ritmo profondo che mi divorò la bocca.

Ero soggiogata da lui. Incapace di muovermi. Più lo toccavo più il suo

corpo sembrava impazzire contro il mio.

Ma mi resi conto che per quanto lui stringesse, per quanto le sue mani mi

trattenessero fin quasi a impedirmi di muovermi… io non avevo paura.

Perché Rigel sapeva ciò che avevo passato. Conosceva i miei incubi meglio

di chiunque altro. Sapeva dove indossavo ciascuna delle mie crepe, e c’era

qualcosa di protettivo e disperato nel modo in cui mi toccava. Qualcosa che

sembrava desiderare ogni mia fragilità e allo stesso tempo preservarla per

sempre. E io sapevo che non mi avrebbe fatto del male.

Mentre lo stringevo tra le mie braccia, donandogli tutta la mia dolcezza,

capii che qualunque ombroso disastro fosse il suo cuore, io l’avrei tenuto

con me.

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