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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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verità. «Avevi ragione. Noi siamo rotti… Non siamo come gli altri. Ma

forse, Rigel, forse ci siamo spaccati in pezzi per incastrarci meglio.»

Nessuno conosceva i miei demoni più di lui.

Nessuno conosceva le mie cicatrici, i miei traumi, le mie paure.

E io avevo imparato a vederlo come nessun altro, perché in quel cuore

così diverso avevo trovato il mio.

Ci appartenevamo in un modo che nessun altro avrebbe potuto

comprendere.

E forse era vero, forse era nella nostra natura rovinare le cose. Ma in

quella maniera rovinosa e rovinata noi eravamo qualcosa di solo nostro.

Terrore e meraviglia. Brividi e salvezza.

Eravamo un delirio di note.

Una melodia graffiante e ultraterrena.

Lui aveva stirato la mia anima in modo così sottile che il nostro destino si

era scritto da solo come su una pagina bianca. E io ci avevo messo così

tanto a capirlo che quando mossi il primo passo mi sembrò di averci

impiegato tutta la vita.

Mi avvicinai a lui, avanzando nell’oscurità. Le sue iridi brillarono come

se tutto il cielo fosse in quella stanza. Seguì ogni mio movimento con

attenzione, come se l’ammissione che gli avevo appena fatto lo tenesse

inchiodato lì con una forza che andava oltre la sua volontà.

Senza distogliere lo sguardo, allungai la mano e sfiorai la sua. Nei suoi

occhi mi sentivo sempre una creatura minuscola e un’entità pericolosa.

Trovai i legamenti contratti, come se volesse opporre resistenza… ma

armandomi di tutta la mia delicatezza, gli circondai il polso e lo tirai piano

verso di me.

Portai la sua mano sul mio viso.

Un muscolo della sua mandibola guizzò. Rigel deglutì, ma io chiusi gli

occhi. Il suo tocco mi riscaldò l’anima. Sospirai e mi sembrò di sentirgli

tremare il sangue mentre una mia lacrima gli bagnava le dita semichiuse,

come se qualcosa dentro di lui ancora non osasse toccarmi.

Quando tornai a guardarlo, tutto il suo corpo era un muro di carne e

respiri trattenuti. Mi fissò come se fossi qualcosa di immensamente fragile,

qualcosa che avrebbe potuto sgretolarsi da un momento all’altro sotto le sue

dita.

«Una volta avevi paura di me», sussurrò amaro.

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