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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Vidi il pianoforte che brillava di una luce fievole; lo fissai un momento

prima di sentire le mie gambe muoversi in quella direzione.

Sfiorai la fila di tasti bianchi come se potessi sentirci ancora le sue mani.

Mi intristii nel pensare a quello che aveva detto a Lionel.

«Non è vero che sei cattivo. Io lo so come sei dentro… e non c’è niente

di brutto, o spaventoso. Tu non sei così», sussurrai. «Io vedo in te… tutto il

buono che tu non riesci scorgere.»

«È così da te», sentii dopo un po’ alle mie spalle. «Cercare sempre la

luce nelle cose, come una falena.»

Era sulla soglia ora. Le ombre rendevano il suo volto dolorosamente

bello, ma il suo sguardo era spento, senza vita.

«La cerchi anche dove non c’è», disse lento. «Anche dove non c’è mai

stata.»

Lo guardai con occhi inermi e arresi, che non avrebbero più potuto

mentire, non a lui.

«Ognuno di noi brilla di qualcosa, Rigel… Di qualcosa che abbiamo

dentro. Ho sempre cercato il buono nel mondo. E l’ho trovato in te. E non

importa quale sia la verità, perché l’unica luce che vedo, ora, sei tu.

Ovunque guardi, in qualsiasi istante… io vedo soltanto te.»

Nell’oscurità scorsi le sue iridi brillare piano. Quello sguardo io… non

l’avrei mai dimenticato.

Ci vidi il suo cuore dentro quegli occhi.

Vidi quanto era sgualcito, malridotto e sanguinante.

Ma anche splendente, vivo e disperato.

Eravamo qualcosa di impossibile e lo sapevamo entrambi.

«Non esistono favole, Nica. Non per quelli come me.»

Eccoci. Eravamo alla resa dei conti.

Non c’erano pagine che continuavano quella storia di silenzi e tremori,

non per noi. Avevamo anime che si erano rincorse per tutta la vita, e che ora

erano arrivate al capolinea.

Non ci incastravamo con nessuno perché eravamo diversi. E i diversi

come noi avevano un linguaggio che nessun altro poteva capire.

Quello del cuore.

«Non voglio qualcosa in cui tu non ci sei», trovai la forza di ammettere,

una volta per tutte, ad alta voce. Gli avevo appena sussurrato

l’inconfessabile, ma non mi importava, perché gli avevo sussurrato solo la

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