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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Billie mi trascinò su per le bianchissime scale: il massiccio portone in

noce si aprì senza che Miki facesse in tempo a toccarlo.

«Bentornata, signorina.»

Ci accolse una donna dai modi gentili, che Billie salutò con voce

trillante.

Rimasi sbigottita dell’androne d’ingresso: un grosso lampadario di

cristallo dominava un ambiente dal lucido pavimento di granito.

La donna mi aiutò a sfilare la giacca. La fissai confusa mentre Miki si

toglieva il felpone sdrucito e glielo allungava. Questa volta mi trattenni dal

chiedere se fosse sua nonna.

«Chi è?» sussurrai a Billie.

«Lei? Oh, è Evangeline.»

«Evangeline?»

«La governante.»

Guardai la donna allontanarsi, sbattendo le palpebre.

«Sei figlia unica?» chiesi a Miki quando ci fece strada. L’opulenza che ci

circondava riusciva a farmi sentire piccola e insignificante come una

cimice.

Lei annuì.

«La sua famiglia ha generazioni di nobili alle spalle», mi informò Billie.

«Anche se la nobiltà non esiste più al giorno d’oggi… I suoi bisnonni erano

pezzi grossi, sai? Guarda, eccoli lì!»

Puntai gli occhi su un dipinto raffigurante una coppia, lei in guanti di

velluto, lui con delle gran basette, entrambi con espressione severa e

altezzosa.

Poi vidi un quadro a dir poco immenso. Erano raffigurate tre persone: un

uomo dal volto severo e due occhi artici che sembravano bucare la tela;

accanto a lui, più morbida ma altrettanto raffinata, in un vestito che le

risaltava la chioma corvina e la carnagione chiara, una donna bellissima

mostrava un lieve sorriso; e davanti a loro, seduta, c’era Miki.

Era proprio lei, con un vestito di organza e i capelli ben ordinati dietro le

spalle.

«Sono i tuoi genitori», constatai guardando quella coppia seria e virtuosa.

Il padre, in particolare, sembrava una statua di marmo più che un uomo.

Aveva l’aria incredibilmente severa, tanto che ne risultai intimidita.

Deglutii. Tutta quella solennità metteva soggezione.

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