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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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E io lì, in mezzo a quel caos, schiacciata da desideri contrastanti.

«Continui a mentire a te stessa…»

Rigel mi guardava ancora. Ma ora… Ora era anni luce lontano da me.

I suoi occhi non erano più ferite aperte, ma abissi profondi e lontani.

«Continui a illuderti… Vuoi credere nella favola, ma noi siamo rotti,

Nica. Siamo scheggiati. È nella nostra natura rovinare le cose. Noi siamo

fabbricanti di lacrime.»

“Mi hai rovinato”, sembravano sussurrare gli occhi di Rigel. “Sì, tu, tu

così fragile e sottile, tu sei la rovina per eccellenza”.

Sentii le lacrime pungermi le palpebre.

Parlavamo una lingua che gli altri non potevano capire perché venivamo

da un universo soltanto nostro. Ma come graffiavano quelle parole, come

arrivavano all’anima, nient’altro al mondo.

«Non posso perdere tutto questo», sussurrai. «Non posso, Rigel…»

Lui lo sapeva. Sapeva cosa significava per me. Mi fissò con sguardo

ardente di dolore, ma dentro stava combattendo una battaglia che sapeva di

non poter vincere.

Vidi la luce rimpicciolire nei suoi occhi.

Desiderai afferrarla, ma era già troppo tardi.

«Allora vai», sibilò.

Nica sussultò, con le lacrime agli occhi, e lui si sentì morire.

Nella sua mente era tutto nero, urlante, il dolore gli masticava il cuore.

Lo sapeva quanto fosse importante per lei. Lo sapeva quanto desiderava una

famiglia. Non poteva biasimarla.

Ma la sua promessa aveva fatto nascere una speranza che non aveva

nemmeno fatto in tempo a stringere, perché lei gliela aveva già strappata

via. E il meccanismo distruttivo stava lacerando tutto, facendolo a pezzi.

«Per favore…» Nica scosse la testa. «Rigel, per favore, non voglio

questo…»

«E cosa vuoi? Cosa vuoi, Nica?»

La sua frustrazione esplose. Si alzò in piedi, schiacciandola con la sua

altezza, bruciando sotto quello sguardo che sognava ogni notte.

«Cosa vuoi da me?» domandò esasperato.

*

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