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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«No!»

Mi staccai dal suo corpo e indietreggiai.

Lo sguardo pietrificato di Rigel mi trafisse il cuore. Mi fissò da sotto i

capelli scompigliati, e ogni singolo passo con cui mi allontanai da lui fu

come una pugnalata.

«Non possiamo», mormorai convulsa. «Non possiamo!»

Mi strinsi le braccia intorno e lui vide il lampo di terrore nei miei occhi.

«Cosa…»

«È sbagliato!»

La mia voce rimbombò nella stanza. Quell’unica parola spezzò qualcosa

dentro a entrambi.

Le iridi di Rigel mutarono. In quell’istante mi resi conto di non averle

mai viste luminose come erano state fino a quel momento.

«È… sbagliato?» ripeté piano. Non sembrò nemmeno la sua voce.

L’incredulità si trasformò in dolore e il suo sguardo si adombrò come se

l’anima gli stesse appassendo sotto la pelle. «Cosa? Che cosa è sbagliato,

Nica?»

Conosceva già la risposta, ma ne voleva comunque la conferma.

«Questo…» risposi, senza avere il coraggio di dare un nome a ciò che

avevo dentro, perché definirlo sarebbe equivalso ad ammetterlo, e quindi

accettarlo. «Non possiamo! Rigel, noi… Noi stiamo per diventare fratelli!»

Dirlo mi fece un male micidiale.

Questo saremo stati agli occhi del mondo. Fratelli. Quel nome che avevo

sempre rifiutato ora sembrava una condanna eterna.

Ricordai ciò che avevo letto nel libro di Alan e lo sentii bruciare come un

marchio che non sarebbe andato via.

Era un errore, non dovevamo, non potevamo - ma la mia anima urlava,

un’ingiustizia che mi toglieva il respiro. E la favola aveva rovi ora, e pagine

marcescenti, e più Rigel mi guardava più io sentivo il mio desiderio di

bambina stritolarmi fino a spaccarmi in due.

Due globi lucenti ora tenevano in bilico la bilancia del mio cuore.

Da una parte luce, calore, meraviglia e gli occhi di Anna. La famiglia che

avevo sempre desiderato. L’unica speranza che mi aveva permesso di

sopravvivere quando la tutrice mi picchiava e mi faceva del male.

Dall’altra, sogni, brividi e universi di stelle. Rigel. Tutto ciò che mi aveva

dipinto dentro. Rigel e i suoi rovi di spine. Rigel e i suoi occhi che mi erano

entrati nell’anima.

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