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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Rigel era lì, la maglia dell’altro stritolata con foga tra le dita, le nocche

rosee, crude, mentre massacrava il ragazzo sotto di lui. I suoi occhi

brillavano di un insano scintillio che mi fece tremare le ossa e gelare il

sangue. Tirava pugni brutali, veloci, pieni di una smania quasi spaventosa, e

l’altro cercava di restituirglieli colpendolo furiosamente al petto, ma non

c’era pietà nello sguardo sopra di lui. Sentii lo scricchiolio delle cartilagini

mentre le urla riempivano l’aria, strepitando, incitando…

Poi tutto si spaccò d’improvviso.

I professori spezzarono la folla e si gettarono letteralmente su di loro,

riuscendo a separarli. Uno arpionò Rigel per il colletto e lo strappò via, gli

altri piombarono su quello per terra, che ora lo fissava con occhi spiritati e

terrificati.

Le pupille mi si bloccarono su di lui. Riuscii a riconoscerlo solo in quel

momento: era il ragazzo di quella mattina. Quello a cui ero andata addosso

all’entrata, quello dei libri.

«Phelps, sei tornato oggi dalla sospensione!» gridò un professore,

«Questa è la terza rissa! Hai passato il limite!»

«È stato lui!» strepitò il ragazzo fuori di sé. «Io non ho fatto niente! Mi

ha tirato un pugno senza un motivo!»

Il docente strattonò Rigel di un passo indietro, e io lo vidi inclinare il

volto, il ghigno che gli tagliava le labbra sotto i capelli scompigliati.

«È stato lui! Lo guardi!»

«Basta!» latrò il professore. «Dritti dalla preside! Avanti!»

Li tirarono per le spalle, e vidi una accondiscendenza totale nel modo in

cui Rigel si lasciò portare via: voltò il viso e sputò nella fontanella, sciolto,

mentre l’altro arrancava dietro di lui sotto la morsa del docente.

«E voi altri, fuori tutti!» sbraitarono. «E via quei cellulari! O’Connor, ti

faccio espellere se non te ne esci da qui all’istante! Anche voi, avanti! Non

c’è niente da vedere!»

Gli studenti si mossero svogliati, disperdendosi verso l’uscita. La

marmaglia si snellì in fretta, e io rimasi lì, fragile e sottile, l’ombra di lui

ancora negli occhi, intento a colpire, e colpire, e colpire, senza mai

fermarsi…

«Nica!»

Billie arrivò di corsa, trascinando Miki per una bretella.

«Cielo, mi hai fatto prendere un colpo! Tu stai bene?» mi fissò a occhi

sgranati, sconvolta. «Non posso crederci, allora era tuo fratello!»

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