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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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ad accettare che lui non sia più qui, e per questo mi odi. Ma non riesci a

odiare Rigel,» scoccai infine, «perché lui te lo ricorda troppo.»

Fu rapidissimo.

La frustrazione prese il sopravvento.

Asia rifiutò quelle parole, rifiutò di ammetterle a se stessa, le rifiutò a tal

punto che la sua rabbia scoppiò furibonda e la sua mano sferzò l’aria. Vidi il

luccichio dei suoi anelli, poi lo schiaffo esplose come un tuono.

Avevo serrato le palpebre, ma l’istante dopo mi resi conto che non aveva

colpito me. Qualcuno mi aveva tirato via.

Alzai gli occhi e ciò che vidi mi sconvolse.

Rigel aveva il viso voltato di lato, quel filo di compostezza nella sua

schiena ora era spezzato all’altezza delle spalle, lì dove il capo pendeva da

una parte in un’ondata di ciocche scure.

Lo fissammo entrambe incredule.

Lui raddrizzò la testa, e gli occhi neri scivolarono in avanti fino a

conficcarsi su Asia.

La inchiodò con uno sguardo raggelante, e la sua voce gocciolò con

pericolosa lentezza fuori dai denti serrati.

«Ti voglio… fuori… di qui.»

Asia strinse le labbra col volto chiazzato di rosso. Scoprii una punta di

vergogna nel suo sguardo, poi i suoi occhi volarono oltre le spalle di Rigel.

Più indietro, dove un viso sconvolto la guardava senza parole.

«Asia…» mormorò sua madre, delusa per quel gesto a cui non si sarebbe

mai aspettata di assistere.

Asia strinse i pugni, trattenendo lacrime di rabbia. Poi in un turbinio di

capelli ci liberò della sua presenza e corse giù per le scale.

Dalma, sconsolata, si portò una mano al viso e scosse la testa.

«Mi dispiace», singhiozzò prima di andarle dietro. Sembrava mortificata.

«Mi dispiace tanto…»

Abbassò il viso e scese di sotto anche lei.

In quell’istante mi accorsi che l’ombra che mi aveva inghiottita e protetta

non c’era più.

Mi voltai e vidi Rigel che si allontanava. Mi sentii disorientata, instabile

e frastornata.

Sparì oltre l’angolo del corridoio e un bisogno mi uscì dalle labbra come

una preghiera.

«Aspetta…»

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